Discovery Kenya, tremila atleti per correre verso il traguardo di un futuro migliore
Arrivano da tutto il Kenya, a piedi o sugli scuolabus. Sono gli atleti della «Discovery Kenya», la gara di cross country ideata e organizzata dal bresciano Gabriele Rosa, che si tiene ogni anno a Eldoret e che è giunta alla 32esima edizione, attirando migliaia di partecipanti. «L'emozione più grande è tornare in Africa a più di 80 anni, dopo tre anni di lontananza a causa della pandemia» dice il cardiologo, fondatore del centro di medicina sportiva Marathon a Brescia Due e allenatore dei più grandi campioni dell'atletica mondiale.
Dagli anni '90 ha avviato in Kenya decine di training camp, scovato talenti e cresciuto primatisti. A Eldoret, che i professionisti della corsa chiamano «the city of champions», la gente lo riconosce per strada. «He's a hero (è un eroe, ndr)» ci dice Leah, professoressa di educazione fisica arrivata con la sua classe all'alba. «Veniamo da un villaggio lontano una trentina di chilometri. Per gli studenti essere qui è una grossa opportunità di mettere in mostra il loro talento naturale: la corsa». Tutto intorno, centinaia di bambini e ragazzi fanno riscaldamento e si preparano a scattare allo sparo.
Istinto naturale
Nella Rift Valley, in Africa orientale, la falcata elegante è qualcosa che risiede nel Dna. Predisposizione genetica, ambiente, condizioni climatiche: tutto concorre a creare una specie di oasi della corsa. Grazie agli uomini e alle donne keniani che da anni dominano le classifiche internazionali, il sogno di quasi tutti i più piccoli qui è eguagliare le loro gesta. Per vincere, certo, ma anche per il riscatto sociale: l'obiettivo di molti è comprare ai propri genitori una casa e un pezzo di terra.
Anche per questo, l'appuntamento annuale di «Discovery Kenya» è sentito come un'occasione da non sprecare. Come le suole delle scarpe. Chi le ha le infila solo pochi secondi prima dello start, gli altri corrono a piedi nudi, indossando la divisa della scuola o il vestito della festa. Gli atleti più giovani hanno 5 anni e si sfidano nei 500 metri, i senior affrontano la dieci chilometri: in tutto dieci gare a 2.100 metri sul livello del mare.Tra il pubblico ci sono anche le promesse dell'atletica italiana seguite dal team del dott. Rosa, in Kenya per provare gli allenamenti in altura. «Vederli correre è impressionante - spiega Aurora Bado, 20 anni, figlia d'arte (sua madre Ornella Ferrara fu medaglia di bronzo della maratona ai Mondiali di Göteborg nel 1995) -. Fanno dei tempi assurdi, in modo naturale: guardarli mi dà una grande carica».
A pochi metri da lei c'è il keniano Moses Kiptarnet Tanui, ex mezzofondista e maratoneta, campione mondiale dei 10mila metri piani (Tokyo 1991) e di mezza maratona (Montbéliard 1995): il primo a essere allenato dal «doc» bresciano. Oggi è un imprenditore, gioca a golf e organizza la maratona di Eldoret. Quando dietro le transenne vede Gabriele Rosa corre ad abbracciarlo, come farebbe un figlio con il padre: «Tutto è grazie a lui».
Amatori e professionisti, famiglie e autorità locali: tutti sono qui per assistere alla gara e tifare per chi corre verso il traguardo di una vita migliore. «Rosa e associati non è solo alla ricerca di talenti da allenare - spiegano i manager della squadra -. La corsa qui ha soprattutto un impatto sociale, in particolare per le donne. Le nostre atlete - come Brigid Kosgei - sono un'ispirazione per le bambine keniane, che nei training camp non trovano solo allenatori, ma anche scuole e biblioteche, per potersi costruire un futuro solido».
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