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Ciclismo, Mattia Frapporti si ferma: «A 27 anni cambierò vita»

Il più giovane della famiglia di ciclisti ora senza contratto appende la bici
Ciao bici: Mattia Frapporti, 27 anni, lascia il ciclismo professionistico - © www.giornaledibrescia.it
Ciao bici: Mattia Frapporti, 27 anni, lascia il ciclismo professionistico - © www.giornaledibrescia.it
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C’è voluta qualche settimana per metabolizzare la grande delusione, ma alla fine Mattia Frapporti ha deciso di cambiare vita e abbandonare il mondo del ciclismo dopo oltre vent’anni passati in sella, fra vittorie, soddisfazioni, ma ultimamente tante delusioni soprattutto dal punto di vista umano.

Passato nella massima categoria giovanissimo con la Trevigiani continental dopo essere cresciuto al team Valsabbia seguento le orme dei fratelli maggiori, Marco e Simona, e aver ottenuto conferme del suo indubbio valore soprattutto nelle prove contro il tempo con la Feralpi Juniores, Mattia è cresciuto per gradi e approdato nella categoria professional, ingaggiato dalla Androni Sidermec dove correva già il fratello Marco. Qui ha trascorso quattro stagioni con alterni risultati.

La soddisfazione maggiore il primo anno con una vittoria in una tappa del Tour dello Jura in Francia mentre con la Trevigiani aveva ottenuto tre vittorie in Cina. Lo scorso anno aveva avuto un’offerta interessante da parte della Eolo Kometa di Ivan Basso. Un progetto che pareva interessante e Mattia era partito con grande entusiasmo per questa avventura, certo di poter far bene. Ma il valsabbino è stato impiegato poco e male nel corso della stagione, lavorando soprattutto per la squadra e quando bisognava parlare del rinnovo ha scoperto improvvisamente che non rientrava più nei programmi del team.

La forte delusione Mattia l’ha sfogata sui social. «Sono particolarmente deluso dal punto di vista umano da quest’ambiente, mi erano state fatte delle promesse che si sono rivelate parole vuote» - ha detto il ragazzo di Lavenone che per reazione ha deciso di chiudere per sempre con largo anticipo rispetto ai colleghi la sua avventura ciclistica tornando a lavorare per l’azienda metalmeccanica di famiglia e lasciandosi alle spalle un mondo che negli ultimi mesi gli ha riservato solo amarezze. Spiace sempre vedere un ragazzo prossimo a raggiungere la maturità fisica e atletica (che in un ciclista si misura grosso modo fra i 27 e i 32 anni) lasciare la professione.

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Purtroppo non è l’unico caso, anche fra i bresciani, in particolare quest’anno, dove lo spazio per gli atleti si è ulteriormente ridotto con sole tre formazioni Professional italiane rimaste e nessuna formazione World Tour. Dopo la chiusura della Vini Zabù dove correva il fratello maggiore di Mattia, Marco, anche lui al bivio della carriera (ma a 35 anni è un’ipotesi anagraficamente più plausibile rispetto ai 27 del fratello) sebbene desideri restare se possibile nell’ambiente, l’Androni ha dovuto cercare il main sponsor all’estero (Drone Hopper) per sopravvivere e nella serie A del ciclismo, ovvero il World Tour l’Italia non è più presente da anni (gli ultimi a tenere in alto l’onore patrio sono stati la Lampre e la Liquigas di patron Zani, ormai quasi un decennio fa). La pattuglia dei professionisti italiani si è quindi ridotta ancora ed diventato un mestiere difficile per gli italiani.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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