Tre bresciani re d’Alaska: «Così abbiamo vinto l’Iditarod in bici»

Mille miglia tra i ghiacci: Roberto Gazzoli e fratelli Willy e Tiziano Mulonia raccontano la loro avventura in sella a -30 gradi
I bresciani in Alaska alla Iditarod Invitational Trail 2025
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Brescianissimo lo slogan: «Nom a Nome». Senza precedenti il risultato: vittoria assoluta. Quella che si sono aggiudicati in Alaska i fratelli clarensi Willy e Tiziano Mulonia e il flerese Roberto Gazzoli, ciclisti estremi di lungo corso, primi italiani di sempre a conquistare l’«Iditarod Invitational Trail» in bici. Partiti da Anchorage, sulla costa meridionale dell’Alaska, hanno percorso in 17 giorni e 3 ore le mille miglia per Nome, città sullo stretto di Bering.

La sfida

Un’impresa per pochi eletti: 104 i partecipanti, da 13 Paesi che si sono misurati con due avversari principali: il freddo e il vento. Parola dei tre nuovi re d’Alaska, che tra versione short (300 miglia) e long (1.000) vantano ognuno otto partecipazioni alla Iti: «È stata un’edizione relativamente calda - spiega Willy - abbiamo avuto solo due notti sotto i -30°C e in alcuni momenti eravamo a -5°C. Certo l’umidità sui laghi ghiacciati si sente, ti si congela tutto addosso».

Iditaroad 2025: l'arrivo a Nome dei vincitori bresciani

Ma se chiedi qual è stato il momento più duro, non c’è dubbio. «Tra Kaltag e Unalakeleet - racconta Tiziano - abbiamo avuto circa 40 km di vento contrario, con punte a 50 km/h. Ma è stato anche il tratto in cui mi sono divertito di più» assicura.

Ma in condizioni tanto estreme, come si costruisce una vittoria? «La svolta è stata a tre quarti della gara, sulla Northon Bay, un tratto di oceano ghiacciato da attraversare senza traccia. Quelli che erano in testa si sono fermati, spaventati dalla gente del posto: ghiaccio troppo fine, venti fortissimi in arrivo. Noi li abbiamo rimontati e come Pac-man ce li siamo mangiati: avendo già affrontato il tratto sapevamo cosa aspettarci. E alla fine il vento c’è stato solo per un’ora».

Un’esperienza così intensa non può non riservare istanti magici. Su tutti per Gazzoli «la penultima giornata: partiti da Elim dove avevamo dormito nella scuola, abbiamo attraversato il mare di notte, risalite le colline all’alba, per concludere dopo 15-16 ore di pedalata a riposare in sette in un "cabin" di 3x3 metri». Impagabile poi l’accoglienza da parte di chi lungo il tracciato è divenuto negli anni amico. Cene predilette: «Zuppa di renna a Golowin e di alce a White Mountain».

L’obiettivo

A proposito di appetito, la fame di vittoria a un certo punto si è fatta sentire: «"Gnari, siamo primi" ci siamo detti a un certo punto - racconta Willy - e solo allora sulla strategia ha avuto il sopravvento l’istinto: abbiamo aperto il gas». Così però pure quattro atleti statunitensi. Tra i due gruppi si è poi raggiunto un patto fra galantuomini: insieme fino alla fine. «Ma due di loro a un certo punto volevano rimangiarsi tutto - chiosa Tiziano -, fino a 20 miglia dal traguardo è stato un continuo tenerli a bada». All’agognato «finish» di Nome sono arrivati tutti insieme mercoledì.

Quelle bici

  • Iditarod, le bici dei vincitori bresciani
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Un’impresa incredibile affrontata in una dimensione di sfida costante. Anzitutto per avanzare con bici che alla pesatura ufficiale superavano i 30 kg: «Fat bike con ruote chiodate da 5 pollici, su cui vanno caricati cibo, acqua, benzina, sacco a pelo e molto materiale che l’esperienza consiglia» racconta Gazzoli, la cui due ruote ha telaio in acciaio. «Lui pesa 60 kg, io e Tiziano 80 - aggiunge Willy -: noi abbiamo optato per bici dal telaio allungato (longtail) in alluminio: ti fanno come galleggiare sulla neve» distribuendo il carico.

«Abbiamo limato il peso su tutto, persino sui bulloni» scherzano i tre. Ma c’è stato poco da scherzare quando l’ambiente ostile si è fatto sentire. «L’altro giorno le mie mani non rispondevano più» per il freddo, racconta Willy, che se l’è cavata grazie a lucidità e preparazione, memore di un atleta che perse nove dita per congelamento.

E ora?

I tre bresciani e i quattro americani al traguardo
I tre bresciani e i quattro americani al traguardo

Una domanda, tre risposte diverse. Willy aveva accarezzato l’idea di un ritorno all’Iti come regalo per i 60 anni (anche per rimediare lo stop forzato del 2020 causa Covid che bloccò lui e Roberto a 200 miglia dall’arrivo), «ma visto quello che è accaduto quest’anno, penso mi fermerò. Torneremo in Alaska da tour operator (Willy vive in Spagna ed è titolare di PaCycling, nelle cui trasferte è spesso coinvolto anche Gazzoli, ndr) con pochi selezionati clienti».

Tiziano è netto: «Datemi un giorno, poi inizio l’allenamento per la prossima Iti», motivato anche dal suo nuovo record: è il solo italiano ad aver completato quattro volte l’edizione più lunga. Si lascia «porte aperte» Gazzoli: «Chissà, potrei affrontarla a piedi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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