Addio a Piero Tomasoni, il «Martello di Manerbio»
È morto ieri Piero Tomasoni, tra i pugili più forti espressi dalla boxe bresciana, campione italiano dei pesi massimi e più volte sfidante al titolo europeo di categoria, negli anni Sessanta. Soprannominato «il Martello di Manerbio» - definizione che associava il paese d’origine alla forza dirompente del suo pugno -, Tomasoni era nato il primo giugno 1936: si è spento a Molinetto di Mazzano, dove risiedeva.
Carattere schivo ma simpatico (e perfino burlone) nel privato, nonostante la progressiva perdita della memoria aveva mantenuti incredibilmente intatti i ricordi legati al ring, come constatammo personalmente nel giugno 2016, quando Mario Loreni lo aveva invitato allo stadio Rigamonti insieme a Sante Amonti, per una reunion tra campioni.
Gli esordi
L’ingresso nel mondo della «noble art» per Tomasoni fu tardivo, eppure folgorante: scoprì il ring nel 1958 a Milano, dove lavorava come tramviere per l’Atm; ci mise quindi meno di un anno per affermarsi, vincendo i campionati regionali novizi tra i superwelter, per poi approdare alla corte bresciana di Gianni Gatti e aggiudicarsi il titolo lombardo dilettanti dei medi, perdendo in finale agli Italiani. Vestì la maglia della Nazionale, ma vide sfumare il sogno di partecipare alle Olimpiadi di Roma, per le quali gli venne preferito il modenese Truppi. Guerriero indomito del quadrato, guardia destra con un sinistro preciso e potente, Tomasoni approda al professionismo a 26 anni, tra i mediomassimi.
È in questa categoria che si guadagna l’appellativo che da allora lo ha sempre accompagnato, e diviene il rivale per antonomasia dell’altro campione bresciano, Amonti. Con il quale condivideva il problema di rimanere entro i limiti di peso, al punto che entrambi saliranno nella categoria regina. Dove il «piccolo» Tomasoni si ritrova a combattere contro atleti che lo sovrastano fisicamente, peraltro sovente costretti a piegarsi sotto i suoi colpi, che facevano male appunto come martelli.
Categoria regina
La prima sfida per la cintura nazionale dei massimi con Amonti ha come teatro uno stadio Rigamonti gremito: è il 24 maggio 1964 e se la aggiudica ai punti «la Quercia di Gussago». Nelle more della rivincita, Tomasoni ha l’occasione di contendere il titolo europeo all’imbattuto tedesco Karl Mildenberger: a Francoforte, il manerbiese sfiora l’impresa e perde di misura un match che ai più era parso un pareggio.
Ma arriva carico all’appuntamento della vita: al Palalido di Milano, il 5 novembre 1965, Tomasoni sprigiona tutta la sua potenza, mette al tappeto Amonti, vince il derby per Ko alla 9ª ripresa e porta a casa il Tricolore. Che difenderà più volte con successo, mentre si fermerà in altre due occasioni (di nuovo con Mildenberger nel 1967 e con l’inglese Henry Cooper nel 1969) a un passo dal trionfo continentale. Demotivato, cede due volte al bolognese Canè (a giugno e a dicembre ’69), quindi appende i guantoni al chiodo, chiudendo con un record di 33 vittorie (11 per Ko), 9 sconfitte, 5 pareggi. Resterà conunque qualche anno nell’ambiente come maestro, per poi abbandonarlo definitivamente. I funerali domani alle 10 nella Parrocchia Sant’Antonio a Molinetto di Mazzano.
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