A Lumezzane si chiude l’era Cavagna
Venticinque anni di calcio professionistico e uno tra i dilettanti senza alcun… diletto chiudono un’era sportiva di indiscusso rilievo. Lunedì Renzo Cavagna, presidente del Lumezzane dall’estate 2006, ha compiuto l’atto «ufficiale» della società affidandola al sindaco valgobbino Matteo Zani.
«Ora - afferma con tono neutro l’ormai ex presidente - se mai esiste o si forma una nuova cordata per rilevare la gestione, la società è lì pronta, senza debiti, ai primissimi posti per meriti acquisiti. C’è anche la possibilità del ripescaggio in serie D (anche se le chance sono notevolmente ridotte dopo la squalifica di 5 giornate del campo, ndr), per il quale bisogna presentare domanda che potrei avanzare io stesso, se nessuno si farà avanti per tempo».
Renzo Cavagna chiude come non avrebbe mai voluto dodici anni difficili, via via sempre più solo. È ginnastica inutile ricercarne ragioni, meriti, demeriti, contrasti. Certo, l’esempio d’un sodalizio di imprenditori (fino ad una quarantina) che nel nome orgoglioso di Lumezzane si autotassavano a sostegno dei colori rossoblù, resta unico, magnifico, ancor più se potesse reincarnarsi. Al di là di tutto rimane il problema della Spa (intesa come società per azioni) da chiudere o da rilevare con eventuali pendenze o meno. L’incontro col sindaco si è concluso sull’accordo di un comunicato congiunto che uscirà venerdì 8 giugno.
Il film d’un quarto di secolo professionistico (a cui Cavagna ha preso parte prima marginalmente e poi in prima persone) propone ricordi forti, specialmente delle due sfiorate promozioni in B (1998/1999 e 2003/2004: la prima mancata con la Pistoiese, dopo che già l’anno precedente i rossoblù uscirono in semifinale, tra le polemiche, con la Cremonese; la seconda ancor oggi bruciante per i ben noti fattacci con il Cesena dell’indimenticato Fabrizio Castori.
Il Lume rossoblù aveva già militato nel calcio professionistico tra il 1954 e il 1956, quando il campo di Rossaghe aveva gli spogliatoi di legno, ma pure fino a tremila spettatori, tutti in piedi, compresi i trecento sulla tribunetta di tubolari. Renzo Cavagna, dunque, lascia. Tra l’altro. prima di lui, malinconicamente, avevano lasciato gli spettatori, sparuti, senza appetito sportivo e di bandiera davanti al pur molto appetitoso calcio professionistico. Ora è di nuovo il tempo della buona volontà. Chi ne possiede, batta il colpo della rinascita. Spa a parte.
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