Tartufo: il sogno franciacortino non è una commedia dei sapori
Manzo all’olio e Franciacorta Docg, ma non solo. Altre specialità enogastronomiche di Rovato e dintorni stanno uscendo dalle nebbie della storia per tornare ad animare le tavole dell’Ovest Bresciano.
Nel mese in cui i ristoratori rovatesi tornano a proporre i menù speciali dedicati al manzo all’olio (fino al 30 novembre, info all’Ufficio commercio, 0307713225), un gruppo di rovatesi ha deciso di costituire l’associazione «Tartufo di Franciacorta». L’idea. Dietro l’iniziativa ci sono il 70enne cavalier Pierino Danesi, da mezzo secolo attivo nel settore dei mangimi e dell’agricoltura, e i tartufai Leonardo Soave e Gianluigi Libretti.
Obiettivo del sodalizio: riportare in auge la tradizione dei tartufi rovatesi, «presenti almeno dal Cinquecento - dice il cavalier Danesi - nell’area tra il Monte Orfano, le colline della Franciacorta e il lato meridionale del lago d’Iseo». L’idea di riportare sotto la luce dei riflettori la tradizione agricola e gastronomica del territorio non è nuova, per Danesi, che già nel 2014 propose la prima «Mostra mercato del tartufo di Rovato e Franciacorta».
Ora, con la nascita dell’associazione, si punta a uscire dalle iniziative spot per dare vita a un percorso costante di valorizzazione. Un appuntamento, in calendario, c’è già: entro Natale, sotto il porticato del municipio di via Lamarmora, ci sarà la mostra mercato «Tartufo di Franciacorta... e dintorni» tra esposizioni, degustazioni e tanto altro ancora.
«Vogliamo - spiega Danesi - coinvolgere non solo i contadini, con cui abbiamo rapporti da tempo, ma pure ristoratori, Comune e pensionati. Vorremmo mettere a disposizione delle aree idonee, in cui piantumare alberi che favoriscono la crescita del tartufo, come querce, faggi, betulle e noccioli. Per gli anziani potrebbe rappresentare un incentivo in più al recupero delle tradizioni e - perché no - una piccola integrazione al reddito.
Da qui può partire un percorso generale che recuperi la nostra tradizione, agricola e a tavola: bolliti misti e stracotti, pasta fresca e trippa, formaggi, vino, manzo all’olio e tanto altro ancora». I precedenti. Segnali positivi, al riguardo, ci sono già, come la recente riscoperta, da parte della Pro loco, della «cipolla di Rovato», riconosciuta formalmente come prodotto tipico: una cipolla borrettana, a tunica dorata, coltivata in zona da almeno ottocento anni. E ancora: il boom di partecipanti, durante Lombardia Carne, a iniziative come la preparazione della tipica salsiccia di castrato o al concorso «El salàm piò bù de la Franciacùrta». Quel che manca, ora, è una regia comune. Il tartufo di Rovato è lì, pronto a essere valorizzato.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato