Paratico, il plateatico del chiosco in riva al lago d'Iseo è «abusivo» e va demolito

Il Tar ha dato ragione al Comune in merito all’opera realizzata dalla società La Vela
Il chiosco La Vela a Paratico - © www.giornaledibrescia.it
Il chiosco La Vela a Paratico - © www.giornaledibrescia.it
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Il plateatico del chiosco in riva al lago deve essere demolito «perché abusivo». La vicenda della struttura di via Mazzini, realizzata un paio d’anni fa a fianco del chiosco La Vela sul lungolago che collega Paratico a Clusane, ha acceso dibattiti in paese e anche confronti in Consiglio comunale. Da allora, però, nonostante l’opposizione del Comune, che il 16 novembre del 2022 aveva ordinato la demolizione del manufatto considerato abusivo, il plateatico è rimasto al suo posto. Adesso a rafforzare la posizione dell’Amministrazione comunale di Paratico c’è la sentenza del Tar di Brescia, che ha respinto il ricorso, contro l’abbattimento, avanzato dalla società La Vela Sebina srl, gestore del chiosco.

Gli elementi «abusivi»

Il ricorso è stato avversato dal Comune e ha visto la costituzione in giudizio dell’Autorità di bacino e delle proprietarie dell’area su cui sorge il chiosco (dal 2011). Nella sua indagine il Comune ha qualificato come «abusivi» un bancone bar di 2,60 per 4,45 metri; un portico di due elementi con superficie di 3,74 per 1,74 metri e 3,90 per 5,95 metri; un portico a sud-ovest di 3,92 per 3,90 metri, alto tra 2,67 metri e 2,60 metri; più una struttura ancorata al suolo di 3,60 per 3 metri e altezza interna di 2,27 metri.

Per il Comune di Paratico sono «nuove costruzioni» e necessitano di «autorizzazione paesistica». I gestori, invece, si sono difesi sostenendo che «le opere rientrerebbero nell’edilizia libera ex articolo 6 del Dpr del 6 giugno 2001, in quanto elementi di arredo di aree pertinenziali e sostegni per impianti fotovoltaici».

Per il Tribunale amministrativo «è condivisibile la qualificazione dei nuovi portici come nuove costruzioni», considerato che «viene modificata la sagoma della costruzione originaria, con un immediato e diretto ampliamento della superficie del pubblico esercizio». In definitiva quindi «il ricorso deve essere respinto perché le opere contestate sono state correttamente qualificate come abusive, in quanto richiedevano un titolo edilizio e paesistico mai rilasciato». 

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