Omicidio Clarabella: la parte civile deposita una consulenza

Per gli avvocati di parte civile «non c’erano dispositivi per tutelare la vittima»
Nadia Pulvirenti - © www.giornaledibrescia.it
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Una consulenza «per chiarire il quadro accusatorio». Per estendere l’analisi non solo sugli aspetti medici. È quella depositata in aula dagli avvocati di parte civile. Michele Bontempi e Melissa Cocca, nell’ambito dell’udienza preliminare a carico dei responsabili della Cascina Clarabella, la struttura protetta, dove il 24 gennaio 2017 morì la terapista della Riabilitazione psichiatrica Nadia Pulvirenti, uccisa dal paziente Abderrhaim El Mouckhtari, già prosciolto per incapacità di intendere e volere.

Nella relazione depositata al giudice Alberto Pavan e al pm Erica Battaglia gli ingegneri Stefano Bertoncini e Giancarlo Fruttosio hanno affrontato il tema della sicurezza sul lavoro sostenendo che la vittima non sia stata dotata dei dispositivi di sicurezza necessari in un ambiente di lavoro a stretto contatto con malati psichiatrici.

La giovane terapista venne uccisa a coltellate dal paziente che viveva in uno degli alloggi della Clarabella. Oltre a Diogene, società cooperativa sociale, sono indagati, e torneranno in aula il prossimo 16 gennaio, il direttore del Dipartimento di Salute mentale di Iseo, il responsabile del Cps di Iseo, un medico e il presidente di Diogene e uno dei componenti dell’equipe del Centro psico sociale di Rovato. Tutti accusati di concorso in omicidio colposo. Nel frattempo sono state ammesse quattro parti civili: il padre, la madre, il fratello e il convivente di Nadia Pulvirenti. Convinti, come la Procura, che il delitto della 24enne poteva essere evitato.

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