Nei fondali la storia climatica di 20.000 anni

Concluse le operazioni di carotaggio condotte dall’Università della Savoia
L’intervento. È stato utilizzato uno speciale carotiere a pistone - Foto  © www.giornaledibrescia.it
L’intervento. È stato utilizzato uno speciale carotiere a pistone - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Dal buio dei fondali sebini alla luce della conoscenza. Pochi giorni fa sono terminate sul lago d’Iseo le operazioni di carotaggio dei sedimenti del fondale. L’attività si è svolta nell’ambito del Progetto Sebino 2018 promosso dall’Università della Savoia, e rientra in una ricerca scientifica che riguarda alcuni laghi perialpini della Francia, Germania e Austria, e che coinvolge in Italia il solo lago d’Iseo.

La finalità degli studi è di ricostruire la storia climatica degli ultimi 20.000 anni, a partire dalla conclusione delle grandi glaciazioni sull’arco alpino. Il Sebino è stato scelto come sito campione per il versante meridionale delle Alpi, grazie alla disponibilità di dati batimetrici (morfologia del fondale) e geofisici (sismica ad alta risoluzione) realizzati da Regione in collaborazione con l’Istituto di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste.

Negli scorsi anni il lago d’Iseo è stato interessato dalla realizzazione di tre carotaggi dei sedimenti del fondale nel canale di Monte Isola. La sequenza dei depositi analizzati ha consentito di ottenere interessanti risultati scientifici dal punto di vista paleoclimatico (ciclicità di periodi caldi e freddi), paleobotanico (pollini fossili correlati con le prime attività colturali preistoriche) e sismologico (testimonianze di forti terremoti preistorici e storici).

Le attività condotte negli scorsi giorni si sono poste un obiettivo ancora più ambizioso: realizzare un carotaggio nella parte più profonda e centrale del Sebino. Il geologo Andrea Piccin di Regione Lombardia ha preso parte ai lavori e ci ha fornito alcuni dettagli. «Abbiamo localizzato il punto di carotaggio al largo di Tavernola Bergamasca in direzione di Marone, a una profondità del fondale di 256 metri, corrispondenti a una quota di 71 metri sotto il livello del mare», spiega Piccin.

«Qui sono presenti i sedimenti depositati nel punto più lontano dagli apporti grossolani dell’Oglio, provenienti dalla Valle Camonica, e dai versanti e dalle valli laterali». Come si raccolgono i sedimenti a tali profondità?

«Ci siamo avvalsi di una piattaforma galleggiante in dotazione al Centro nazionale della ricerca scientifica francese e di uno speciale carotiere a pistone». Quali sono i primi risultati? «La perforazione ha attraversato due significativi livelli sabbiosi che interrompono la regolare sedimentazione lacustre, il cui significato geologico dovrà essere chiarito. Il materiale prelevato è stato trasportato in un laboratorio specializzato di Chambery dove verranno esaminate nei prossimi mesi».

Nel corso delle operazioni sono stati prelevati anche alcuni campioni di sedimenti del primo fondale, che verranno studiati dal punto di vista ambientale (alghe e microplastiche) dal Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra dell’Università di Milano Bicocca.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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