Milioni nascosti sotto terra, ma anche all'estero: no alle scarcerazioni

Per il Riesame il pentimento non è sincero: «Non hanno fatto trovare tutto, hanno una spiccata propensione all'illecito»
ROSSINI, NO ALLE SCARCERAZIONI
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Hanno confessato e consegnato la mappa del tesoro. Ma per la procura e il tribunale del Riesame il loro pentimento non è stato sincero.

Da un lato Giuliano Rossini, sua moglie Silvia Fornari, il loro figlio Emanuele e la sorella della donna Marta Fornari hanno ammesso di aver dato vita negli anni ad un giro di fatture per operazioni inesistenti per mezzo miliardo di euro, che si è tradotto in un danno da 90 milioni di euro per le casse dello Stato. e hanno messo nelle mani degli inquirenti le coordinate Gps che hanno permesso di disseppellire 8 milioni di euro nel giardino di casa a Gussago. Dall'altro, però, i quattro si sono guardati dal consegnare i codici dei conti correnti esteri (che pure hanno ammesso di avere e di avere movimentato anche quando, erano fuggiti a Panama prima e in Austria poi), di consegnare i cellulari dedicati che usavano per alimentare il loro business illecito, ma che potevano contenere dati sensibili anche di rilievo economico, e di tracciare compiutamemte i contorni del loro giro.

  • I panetti di denaro ritrovati dalla Guardia di Finanza
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Sono queste le ragioni per le quali i giudici della Libertà hanno accolto il ricorso del pm Claudia Passalacqua contro l’ordinanza con la quale lo scorso 7 febbraio il gup aveva concesso alla moglie, al figlio e alla cognata di Giuliano Rossini una misura cautelare meno afflittiva: i domiciliari per la prima, in luogo del carcere, l’obbligo di firma, al posto dei domiciliari, per il secondo e la terza.

Parole pesanti

Per il Riesame a pesare è quanto dichiarato da Giuliano Rossini davanti al pm nel dicembre ’22, pochi mesi dopo il suo arresto. Il commerciante di metalli disse di avere conti correnti fittiziamente intestati a terzi, accesi in Paesi esteri, ma nonostante l’ammissione si rifiutò di riferire i nominativi degli intestatari e i Paesi stranieri dove operano tali rapporti.

Per i giudici, rilevante è anche la circostanza che moglie e cognata di Rossini avessero continuato a disporre bonifici e eseguire operazioni finanziarie con smartphone e pc portatili da Panama e dall’Austria, dove si erano rifugiate dopo aver saputo, tramite una soffiata, dell’indagine a loro carico e dell’imminente esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare.

Per il Riesame non è banale nemmeno la circostanza che il figlio Emanuele, nel periodo in cui padre, madre e zia erano ripiegati all’estero, si fosse impegnato a «bonificare» casa e capannone da eventuali microspie degli inquirenti e che comunque, in loro assenza, avesse provveduto ad incassare le provvigioni del business illecito, a caricare e scaricare il materiale oggetto delle fatture false e a ricevere anche l’indicazione sulla data in cui l’ordinanza cautelare a loro carico sarebbe stata eseguita.

I giudici del Riesame scrivono di «una spiccata propensione ed attitudine all’illecito, che non ha trovato alcun argine neppure a fronte della conoscenza della loro imminente cattura. Tanto prefigura un’allarmante pericolosità sociale e pregnanti esigenze cautelari». Quindi il ritorno in carcere per Luisa Fornari, e ai domiciliari per suo figlio Emanuele e per sua sorella Marta.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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