«Maresciallo, m’hanno rubato il drago»
Era lì da otto anni, immobile ai piedi del cimitero, a sorvegliare silenzioso l’inizio del Sentiero degli gnomi, quello che lo scultore-contadino Luigi Zatti, noto a tutti come «il Rosso», ha trasformato in dieci anni in un visitatissimo museo di sculture a cielo aperto che ospita decine di opere. Ma ora il drago di pietra non c’è più.
O meglio, ne è rimasto solo uno, il fratello minore, più piccolo e meno elaborato. L’altro drago - una pietra sagomata dagli scalpelli sapienti del Rosso e dell’amico Arnaldo Beccia, alta 1 metro e 20, larga 75 centimetri e pesante ben quattro quintali - è stato rubato. Mani ignote l’hanno rimosso dal suo posto, probabilmente con il favore della notte, perché considerato il peso non indifferente il lavoro dev’essere stato tutt’altro che agevole.
Le difficoltà non hanno scoraggiato i ladri, che non hanno esitato a impoverire la mulattiera che percorre le pendici zonesi del Guglielmo, per arricchire (probabilmente) qualche giardino con l’illecito souvenir.
La denuncia del furto, sporta ai Carabinieri di Marone, ha un risvolto curioso. «Ho detto loro: "Scusate, devo denunciare un furto" - racconta Zatti -. "Di cosa?", mi hanno risposto. "Di un drago!". "Come?", hanno ribadito i militari con voce comprensibilmente sorpresa. "Nooo... un drago di pietra"».
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