L’appello di Selini: «Fatemi sapere dov’è finito Vova»

A 5 anni dalla mancata adozione di un bimbo kirghiso, il palazzolese attende ancora risposte
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Era il giugno del 2012 quando il palazzolese Fabio Selini si trovava in Kirghizistan con la moglie e la figlia per conoscere e abbracciare Vladimir, un bambino di tre anni che di lì a poco sarebbe dovuto diventare loro figlio adottivo. A distanza di cinque anni, in seguito allo scandalo delle adozioni kirghise e con un processo in corso a Savona, Selini non ha mai più ricevuto notizie né del bambino, che oggi avrebbe 8 anni, né scuse ufficiali o risarcimenti.

Amarezza. «Nonostante sia passato così tanto tempo - spiega amareggiato Selini, che non molla la sua battaglia per conoscere la verità sull’intera vicenda - noi non abbiamo ancora ottenuto alcuna risposta dalle istituzioni. Tre anni fa abbiamo anche lanciato una petizione fotografica attraverso la quale abbiamo fatto conoscere la nostra storia e quella di altre famiglie italiane nella nostra stessa situazione: abbiamo raccolto oltre mille atti d’affetto poi consegnati al Ministero degli Esteri e alla Commissione adozioni internazionali (Cai), che a quanto ci risulta non si è mai riunita negli ultimi anni e solo in questi giorni si sta riorganizzando».

La storia di Selini era già stata raccontata nel 2013 dal Giornale di Brescia, ma da quel momento, come riferito dal diretto interessato, «la situazione è stata caratterizzata da un totale immobilismo. Di recente la stampa nazionale ha sollevato diverse indiscrezioni su presunti illeciti che si sarebbero consumati in Kirghizistan, ma io non ce l’ho solo con loro. Noi non avevamo fatto nulla di irregolare, ma siamo stati truffati: siamo andati nel Paese con il benestare della Cai, che risponde alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

«Il processo in corso a Savona - continua il 47enne palazzolese - contro i vertici dell’ente di intermediazione Airone di Albenga, tra i presunti responsabili, ha visto solo l’udienza preliminare ed è aggiornato al 14 ottobre, ma si tratterà solo di un’udienza filtro per stabilire i teste e l’ammissibilità delle prove: chissà quando si svolgerà la fase di dibattimento. Francamente non mi aspetto un granché, anche se ci siamo costituiti parte civile: all’epoca sborsammo anche un’ingente somma di denaro per le pratiche, ma la priorità non è affatto il risarcimento, bensì le scuse da parte delle istituzioni, perché al di là delle responsabilità giuridiche ho sempre lottato per questo e per conoscere la verità sul destino del piccolo Vladimir (detto Vova), a cui ci eravamo affezionati durante quel viaggio di cinque anni fa».

Selini, che ha scritto anche un libro, «I giorni mai resi», che racconta della vicenda, ha di recente pubblicato un volume («L’amore non basta») sull’adozione di Otavio, bimbo brasiliano di 8 anni adottato regolarmente un paio di anni fa. «Aspetto ancora risposte - conclude Selini - e sono disposto a tutto pur di averle, anche di tornare in Kirghizistan con una delegazione istituzionale per scoprire cosa sia realmente accaduto. Lo Stato, dal quale mi sentivo tutelato, ha ignorato mille richieste di chiarezza e non ci ha mai degnato di una risposta, anche formale».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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