Il vuoto del Quai per fare un pieno di emozioni
C’è un laboratorio naturale a cielo aperto sul lago d’Iseo, un luogo dove la pietra si offre come terreno d’azione per realizzare prestazioni sportive di alto livello, ma anche come spazio di sperimentazione tecnica e di progettualità in cui si intrecciano storie di scalata, amicizia e passioni condivise.
Tra le meraviglie della natura in territorio sebino il Büs del Quai rappresenta una delle espressioni più spettacolari. In località Covelo di Iseo, il grande antro affacciato sulla strada litoranea ha regalato reperti archeologici di diverse epoche, e accoglie l’ingresso di una grotta frequentata da intere generazioni di speleologi.
Dopo le attenzioni rivolte agli ambienti sotterranei il Quai è stato attrezzato sulle pareti esterne per l’arrampicata sportiva, e da alcuni anni è diventato un sito di riferimento a livello mondiale per il drytooling, disciplina derivata dall’arrampicata su ghiaccio che fa uso delle piccozze per la progressione. La grotta è frequentata in particolare da un gruppo di scalatori bresciani, tra i quali Marco Verzeletti, Daniele Frialdi, Simone Monecchi, Vincenzo Valtulini, Monia Gaibotti e Matteo Rivadossi.
Si deve a quest’ultimo la chiodatura di un itinerario chiamato «Uragano dorato», la linea più impegnativa di tutta la palestra, con uno sviluppo in strapiombo di quasi 50 metri che la inserisce nel gruppo delle più difficili di questo tipo anche al di fuori dell’Italia. Il primo a salirla è stato, non a caso, l’italo-polacco Filip Babicz, tra gli atleti più forti del mondo, richiamato a Iseo dalla qualità delle vie tracciate, assieme ad altri scalatori coreani, russi, ucraini, inglesi e francesi.
L’antro iseano si è quindi accreditato con il passare degli anni come una delle palestre per il drytooling più conosciute del mondo, anche grazie agli appassionati locali che qui, prima della pandemia, hanno organizzato raduni di arrampicata internazionali.
La progressione acrobatica e aleatoria degli scalatori che praticano il drytooling è resa possibile da continue sessioni di allenamento. Una componente di rilievo è rappresentata tuttavia anche dall’attrezzatura, tesa a facilitare movimenti sulla roccia nel vuoto in punta di ramponi e piccozze.
È proprio qui, tra un tentativo fallito e uno scambio di battute e intuizioni, che prendono forma i prototipi di nuovi attrezzi, scarpe e materiali, disegnati da Rivadossi e poi prodotti da aziende leader del settore e commercializzati in tutto il mondo, che contribuiscono a far progredire il livello dell’alpinismo.
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