Delitti bresciani, nel nuovo podcast parla «il serial killer delle prostitute»

Nella quinta puntata della serie, i tre omicidi che insanguinarono il 2001. A commetterli fu il solo omicida seriale del Bresciano: oggi è libero
Investigatori a Gussago sul luogo dell'omicidio di Manila Fugazza: era l'11 marzo 2001 - © www.giornaledibrescia.it
Investigatori a Gussago sul luogo dell'omicidio di Manila Fugazza: era l'11 marzo 2001 - © www.giornaledibrescia.it
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Il settembre 2001 segna per molti aspetti l’inizio di incubo globale: con l’abbattimento delle Torri Gemelle, il più sciagurato degli attentati della storia, prendeva il via una guerra al terrorismo che ha finito col rivoluzionare assetti geopolitici in mezzo pianeta. Eppure per il Bresciano, quelle stesse giornate di fine estate segnarono, al contrario, la fine di un altro incubo, durato mesi e intriso di sangue: tre delitti firmati da una sola mano. Quella dell’uomo passato alle cronache come il serial killer delle prostitute.

Quella persona, 21 anni dopo, ha espiato la sua pena: secondo la giustizia italiana è un uomo libero. Ha accettato comunque di parlarci. È anche attraverso la sua voce, infatti, che abbiamo deciso di ripercorrere quelle vicende terribili, nella nuova puntata del podcast «Delitti bresciani», da oggi disponibile su Spotify, Spreaker e sulle principali piattaforme audio, proprio per questo intitolata «Dialogo con un serial killer». L'unico serial killer della cronaca nera bresciana secondo gli stessi inquirenti.

Un dialogo, paradossalmente, ripreso dopo quasi un quarto di secolo: già, perché - e qui sta l’altra particolarità - lo stesso omicida contattò proprio il Giornale di Brescia nell’estate 2001, per accollarsi la responsabilità dei tre delitti. Con una telefonata, raccolta dal cronista che si stava occupando di quei fatti di sangue, Marco Bonari, e letta poi al processo come un desiderio di essere identificato e preso.

Sei mesi di inferno

11 marzo, 15 luglio, 27 agosto. Tre date. Una croce per ciascuna. Tre vite spezzate, quelle di altrettante giovani donne. Ragazze di vita, incontrate dal loro assassino in altrettanti weekend conditi da cocaina e rabbia, nella vita di quel 35enne che era per tutti il pustìn, per via del lavoro della madre, magazziniere ligio al lavoro, solo, dopo un matrimonio finito male, che cercava proprio nella droga e nell’evasione dei fine settimana un momento di riscatto. Una dimensione del tutto dimenticata, assicura oggi l’uomo, che abbiamo scelto di chiamare solamente Giordano P. perché il passato non incomba sul presente, nel rispetto del diritto all’oblio. Che non trascura però il peso della cronaca di allora.

Manila, Slaviza, Ediviana

La mappa dei tre delitti mostrata nella conferenza stampa del 17 settembre 2001 dagli inquirenti - © www.giornaledibrescia.it
La mappa dei tre delitti mostrata nella conferenza stampa del 17 settembre 2001 dagli inquirenti - © www.giornaledibrescia.it

In Franciacorta viveva e in Franciacorta ha commesso il primo delitto. È Manila Fugazza, la 31enne cremonese che viene trovata vittima per prima, in un viottolo vicino ai binari della Brescia-Iseo-Edolo al confine tra Castegnato e Gussago. Freddata da tre coltellate. Poi tocca a Slaviza Marinkovic, 24 anni appena, di origini slave, il cui cadavere è scoperto a metà luglio in un canale irriguo di Travagliato, avvolto in sacchi neri. Fu accoltellata a morte, invece, pure la terza e ultima vittima, la brasiliana Ediviana Lopez da Cruz, 33 anni e mamma di una bambina, uccisa da una serie di fendenti all’addome a Passirano a ridosso del capannone di un’azienda.

La bimba, il telefono

Il corpo senza vita di Ediviana Lopez Da Cruz viene rimosso dalla zona industriale di Passirano la mattina del 27 agosto 2001 - © www.giornaledibrescia.it
Il corpo senza vita di Ediviana Lopez Da Cruz viene rimosso dalla zona industriale di Passirano la mattina del 27 agosto 2001 - © www.giornaledibrescia.it

Proprio il terzo delitto segna una svolta. Per il killer, anzitutto. E poi per le indagini. Giordano P. - racconta nel podcast –, mentre colpisce mortalmente la donna ne raccoglie le ultime strazianti parole: «La mia bimba» ripete la giovane sudamericana. Il 35enne scopre così che la sua vittima ha una figlia, e oggi spiega che quella consapevolezza lo tocca. Per gli inquirenti e gli esperti il suo desiderio di farsi individuare nasce anche da lì. Sotto questa luce, oltre alla telefonata al GdB - in cui lui stesso per la prima volta unisce in un unico disegno criminale tre delitti a quel tempo affrontati separatamente - viene spiegato anche un altro gesto, che imprime un’accelerazione decisiva all’inchiesta: l’uomo vende il cellulare della terza vittima ad un collega. Quel telefono viene rintracciato e porta a Giordano P. Il quale a quel punto confessa.

Tre delitti, non un perché

Slaviza Marinkovic fu rinvenuta il 15 luglio a Travagliato - © www.giornaledibrescia.it
Slaviza Marinkovic fu rinvenuta il 15 luglio a Travagliato - © www.giornaledibrescia.it

Negli atti della Procura di allora, nelle carte processuali condite di perizie psichiatriche, come infine nell’incontro avuto nei giorni scorsi con il giornalista Andrea Cittadini per ripercorrere quei fatti terribili, Giordano P. non sa fornire una spiegazione a quei delitti. Colpa della cocaina, sostiene.

In realtà, per chi analizzò l’agire del serial killer, definizione che lui tuttora rifiuta, dietro la violenza omicida ci furono di certo una separazione matrimoniale non elaborata, una rabbia latente nei confronti della figura femminile, ma non solo. Anche ragioni cogenti, ancorché banali. Scrissero i giudici: «In tutti e tre gli omicidi il denaro sembra acquisire agli occhi di Giordano P. una valenza straordinaria: nel primo caso per la la presunta entità della somma che pretende che gli sia restituita dalla vittima alla quale aveva ceduto cocaina; nel secondo omicidio per la sottrazione furtiva di una cifra irrisoria da parte della donna e nel terzo delitto per l’inadempienza da parte della partner di una prestazione pattuita e pagata».

Il pentimento

Oggi Giordano P., complici sconti di pena riconosciuti dalla legge, non ha più conti in sospeso con la giustizia. Nel podcast la sua voce ribadisce che ha chiuso con la droga, rifiuta l’etichetta di serial killer, si dice pentito. Allora inquirenti e giudici misero in luce la scarsa empatia riscontrata. Forse le sue parole lasciano trapelare ancora la stessa sensazione. Specie per la lucidità con cui ricorda i dettagli dei tre omicidi. Il peso dei quali però è divenuto ad un certo punto insostenibile. Oggi non sembra esserlo più. «Non ho incubi la notte» assicura oggi a 55 anni, ma «a quelle tre donne continuo a pensare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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