Corna del Bene, ferrata chiusa per smottamento
Costruita nell’autunno del 2015 e aperta nella primavera del 2016, la ferrata che consente la scalata in sicurezza della Corna del Bene è un’attrazione sportiva che porta sul Guglielmo atleti e montanari da tutta la nostra provincia, e non solo.
Da qualche giorno il percorso attrezzato è chiuso al transito. A mettere fuori gioco la spettacolare ferrata del Golem è stata una frana, «non - raccontato dal sindaco di Zone, Marco Zatti - un distacco di roccia di piccola entità, ma uno smottamento di un bel tratto di versante, di quelli che capitano una volta ogni 30 anni, non distante dalla parte bassa della ferrata».
Proprio la vicinanza con il percorso ha spinto il Comune a emettere ordinanza di chiusura dell’intero tracciato, «fino a quando la situazione sarà ripristinata». A compiere le prime verifiche tecniche ci ha pensato il costruttore, la guida alpina valtrumpliana Roberto Parolari, esperto non solo nell’accompagnare escursionisti su cime che richiedono la presenza di un conoscitore delle quote, ma anche nell’attrezzare pareti di roccia da scalare.
Il responso? «Non è stato dei più felici - fa sapere il sindaco - così stiamo valutando di spostare di una cinquantina di metri il cavo e tutta l’attrezzatura della parte bassa della ferrata, per evitare rischi». I lavori di ripristino sono in programma per gennaio. «Non sarà una gran spesa - precisa Zatti - e non ci vorrà più di qualche giornata. Per noi comunque il percorso della Corna del Bene è importante e ci teniamo a riaverlo prima possibile».
Voluta, progettata, e finanziata dal municipio zonese, la ferrata è lunga circa 350 metri. Si estende sull’imponente spuntone da quota 1500 a quota 1700 metri. Il percorso è provvisto di 130 barre di metallo, circa una ogni tre metri, e di un cavo d’acciaio lungo come l’intero tratto. La media di risalita è di due ore. L’intervento ha richiesto un investimento di 27 mila 830 euro, tutti a carico dei cittadini zonesi. L’opera è un tassello del più ampio progetto che mira a creare sui rilievi del lago d’Iseo una «palestra di roccia diffusa».
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