Coregone non autoctono, chiuso l’incubatoio di Iseo
L'incubatoio del pesce di via Degli Orti è chiuso, proprio nel momento che gli anni scorsi coincideva con l’inizio del lavoro più intenso dell’anno: la riproduzione del coregone. Nessun via vai di tecnici e volontari che preparano vasche e pompe, e niente pescatori che sondano le acque del lago con le reti: è l’effetto del Decreto del presidente della Repubblica 357/97 modificato dal Decreto 102/2019 che, all’articolo 12, vieta «il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone» com’è per l’Iseo quello del coregone.
Dopo cinque anni dalla sua apertura, del luglio 2016, per la prima volta la struttura di Clusane non ospiterà le 3-4 milioni di uova di coregone della campagna ittica più importante dell’anno. Lo stop, che sta deprimendo il settore della pesca sebina, potrebbe finire già l’anno prossimo, se il confronto in corso tra Regione Lombardia e Ministero della Transizione ecologica sortirà una deroga per la ripresa del ripopolamento da dicembre 2022.
Gli obiettivi a lungo termine però sono altri, e la volontà è rendere la situazione stabile, senza scossoni ogni anno: «Il principale è ottenere che il coregone venga classificato para-autoctono come il pesce persico - spiega Raffaele Barbieri, pescatore e consigliere del Comune di Iseo -. In quel modo non sarebbe necessario chiedere deroghe ogni anno, con il rischio che possano non essere concesse. In secondo luogo si sta organizzando la realizzazione di uno studio sulla presenza nel Sebino delle diverse specie ittiche, per dotare il settore di un documento utile a comprendere scientificamente le quantità di pesce presente e le relazioni tra le diverse colonie.
La volontà è stata espressa al Tavolo interregionale della pesca - precisa Barbieri - con cui abbiamo concordato anche una richiesta di finanziamento dello studio all’Unione Europea attraverso il bando Life predator». A sostegno del lago quest’estate sono intervenuti anche il Consorzio dell’Oglio e le sue utenze, che hanno immesso nel Sebino 70mila tinche di sei centimetri e 400 chili di anguille.
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