Con il laghetto Sala riemergono anche le polemiche

Ambientalisti all’attacco: «Si sposti il rondò a sud» Zanella (Ca’ del Bosco): «Valorizziamo l’area»
Una lunga storia. L’area del laghetto Sala si intreccia con una vicenda annosa, iniziata nel 2006
Una lunga storia. L’area del laghetto Sala si intreccia con una vicenda annosa, iniziata nel 2006
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I lavori sulla Sp Rovato - Iseo fanno riaffiorare il laghetto «Sala». Il piccolo specchio d’acqua, al confine tra Adro ed Erbusco, sorge a pochi passi dal cantiere della rotatoria tra Sp XI e via Lovera, dove si trova la sede dell’azienda vitivinicola Ca’ del Bosco, disposta a mettere mano al portafoglio (1,3 milioni di euro) pur di chiudere una partita aperta dal 2006.

Il j’accuse. «L’enorme rotatoria - attacca Silvio Parzanini, per Legambiente Franciacorta - è inutile e ingiustificata. Non c’è un incrocio di strade tale da renderla indispensabile e la vicinanza alla sponda sud del laghetto compromette in modo irrimediabile un importante biotopo formatosi in ere glaciali. Bastava spostarsi 200 metri a sud, su aree della stessa proprietà». Con Legambiente l’erpetologo Vincenzo Ferri, autore negli anni ’70 di una prima ricerca sul laghetto: «Bisogna bloccare qualsiasi riduzione ulteriore dell’area naturale, spingendo anzi affinché nell’elenco dei Monumenti naturali lombardi rientri presto anche questa area». Già, l’area.

La replica. Da un quarto di secolo i sette ettari sono di Maurizio Zanella, numero uno di Ca’ del Bosco, che risponde a Parzanini: «Abbiamo già traslato a sud la rotatoria rispetto al progetto iniziale con un’ulteriore fascia di rispetto. Rischi ambientali? Oggi nel laghetto finiscono direttamente le acque stradali: con la rotatoria arriveranno la fitodepurazione e l’adeguamento ambientale, affidato a Provincia e Comuni di Adro ed Erbusco». Ai rilievi di Ferri, Zanella replica: «L’attuale laghetto nasce un secolo fa dal riempimento di un’ex cava, realizzata dall’uomo per ricavare la torba, a sua volta alimentata da una sorgiva, quella sì preesistente. Non stiamo parlando di un paradiso millenario incontaminato. Anzi: ogni anno spendo 40mila euro per eliminare spazzatura e materiale edile, ma non serve a niente».

L’idea. Da qui, l’appello agli enti locali, che spariglia le carte: «A quel laghetto ci tengo. Per valorizzarlo e aprirlo al pubblico con laboratori didattici, passerelle e piccole imbarcazioni servono 4 dipendenti e 150mila euro all’anno. Serve quindi sostenibilità finanziaria. Come? All’interno dell’area c’è un rudere. Ampliamone le volumetrie, non serve raddoppiarle ma adeguarle, e ragioniamo sul progetto migliore. In altre zone vicine, in passato, ci sono stati scempi ambientali e capisco le ritrosie. Ma qui si può trovare un punto d’incontro. Altrimenti il laghetto resterà una discarica a cielo aperto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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