Comunità Shalom: indagati al contrattacco

Le persone coinvolte nell'inchiesta per maltrattamenti sono pronte a denunciare: «Ci sentiamo calunniati»
Gli indagati al contrattacco
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«Quanti ne hai picchiati oggi?». Tra i volontari la domanda si ripete più volte. È una provocazione. Dimostrazione però che l’inchiesta della Procura ha lasciato il segno nella quotidianità.
 
Comunità Shalom di Palazzolo, 300 ospiti tra uomini, donne e ragazzini minorenni. La stragrande maggioranza ha alle spalle una vita segnata dalla tossicodipendenza. «Ho cominciato a fare uso di cocaina a 11 anni» racconta Claudia, oggi diplomata. Dei suoi 24 anni ne ha vissuti sei e mezzo in comunità. Una storia drammatica tra le tante.
 
 
«Mi hanno convocato in Procura e la prossima settimana mi faccio interrogare» racconta suor Rosalina poco dopo aver ricevuto la convocazione dalle mani dei carabinieri. Che ogni giorno entrano alla Shalom. Tra gli ospiti ci sono infatti anche persone agli arresti domiciliari. «Non voglio parlare. Mi hanno sconsigliato i miei avvocati. Prima lo faccio con i magistrati. Però per tre mesi ci hanno filmati di nascosto e non c’è traccia di violenza».
 
Intanto lei e gli altri indagati - operatori della struttura e vecchi ospiti diventati tutor per gli ultimi arrivati - vanno al contrattacco. «La prossima settimana presento una serie di denunce per calunnia» spiega l’avvocato Giovanni Migliorati, da anni legale della comunità.
 
Gli indagati denunciano i denuncianti che avevano dato vita all’inchiesta raccontando di maltrattamenti subiti. «Mi avevano impedito di lasciare la comunità, mi facevano tagliare per ore la legna e consumare pasti in piedi e al freddo, picchiandomi anche con calci e pugni» hanno raccontato 36 ex ospiti. Persone offese per la Procura che ha concluso le indagini preliminari.
 
Tra chi ha denunciato la comunità c’è anche Gianmarco Buonanno, figlio dell’attuale capo della Procura Tommaso Buonanno. «Ma lei crede che se avessimo usato violenza un magistrato lasciava da noi il figlio?» chiede suor Rosalina. Tommaso Buonanno fu anche denunciato dal figlio che aveva sostenuto di essere stato costretto dal genitore ad entrare alla Shalom. Inchiesta archiviata prima dell’arrivo a Brescia del Procuratore capo.
 
«Mi sono sentito offeso e calunniato perché non ho fatto nulla di quello di cui mi hanno accusato» spiega l’indagato Massimiliano Bondioli, per quasi otto anni in comunità. «Quando sono entrato ero giovane e c’erano i più vecchi che mi hanno aiutato. Quando sono diventato vecchio io ho fatto lo stesso con i ragazzi appena entrati. E che mi hanno però denunciato» aggiunge un altro indagato, Luca Fucci oggi uscito dalla comunità e libero professionista.
 
«Vogliamo che venga celebrato il processo e vogliamo che esca la verità. Non cerchiamo certo la prescrizione» assicura l’avvocato Migliorati. «La difesa non è nel Dna della comunità. Andiamo al contrattacco». E nel frattempo «riceviamo attestati di stima e vicinanza» garantisce Luca Sisti, volontario all’interno di Shalom e anche lui indagato.
 
«Il 26 dicembre aspettiamo la vista del Vescovo Luciano Monari. Celebrerà qui la Messa di Santo Stefano con tutti i volontari». Visita confermata anche dal Vescovo: «Dobbiamo solo decidere l’orario. Ma quel giorno ci sarò».
 
Andrea Cittadini

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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