Chiuse in casa la figlia e appiccò il fuoco: chiesti 5 anni

L'avvocato difensore ha chiesto l’assoluzione per aspetti di natura psicologica
In fumo. L’arredo dopo l’incendio © www.giornaledibrescia.it
In fumo. L’arredo dopo l’incendio © www.giornaledibrescia.it
AA

Cinque anni e quattro mesi per tentato omicidio. È la richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero Erica Battaglia per il carabiniere della Forestale, ora sospeso, Fabio Di Marzo. L’uomo a fine settembre scorso, a Passirano, chiuse in casa i genitori e la figlia di 12 anni e appiccò un incendio dando fuoco ad alcuni peluche della ragazzina.

La strage fu evitata solo per la prontezza dei vicini che sentendo un forte odore di fumo chiamarono i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. «Li abbiamo sentiti litigare a lungo poi, affacciandomi sul balcone, ho visto il fumo uscire dall’appartamento», raccontò uno dei condomini della palazzina di via don Minzoni a Passirano. Il carabiniere venne arrestato, mentre figlia e genitori messi in salvo. «Da qui non uscite», gridò l’uomo ed è questa frase che ha fatto scattare la contestazione del reato di tentato omicidio.

Il carabiniere, che ha ammesso di aver dato alle fiamme alcuni oggetti, dopo la separazione stava attraversando un momento di difficoltà tanto da prendersi un periodo di ferie per provare a superare il disagio con l’Arma che l’aveva fatto affiancare da psicologi togliendogli la pistola d’ordinanza. Sottoposto a una perizia voluta dalla Procura, è stato dichiarato parzialmente capace di intendere e volere. Il suo legale, l’avvocato milanese Salvatore Arcadipane, ha chiesto l’assoluzione per il suo assistito proprio in virtù del momento delicato che stava attraversando dal punto di vista psicologico. Il processo di primo grado è stato aggiornato al prossimo 27 maggio per eventuali repliche e per la sentenza.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia