Caso Bozzoli, i periti alla ricerca del Dna nel forno della prova
Il forno non è esploso e la fumata è avvenuta. Ora bisogna capire se a distanza di ore possono essere ritrovati resti del corpo bruciato in un forno in cui la temperatura ha raggiunto fino a 880 gradi. Dopo la prova con il maiale già morto gettato mercoledì pomeriggio in un bagno di metallo fuso - ricostruzione che ha dimostrato che un forno da fonderia con all'interno un corpo non esplode - non è ancora concluso l'esperimento giudiziale voluto dalla Corte d'assise di Brescia nell'ambito del processo a carico di Giacomo Bozzoli, accusato della morte dello zio Mario scomparso l’8 ottobre 2015 a Marcheno nella fabbrica di cui era comproprietario.
Nella fonderia Gonzini di Provaglio di Iseo, teatro della ricostruzione sette anni dopo di quella che potrebbe essere stata la scena del crimine, il medico legale Camilla Tettamanti, il perito nominato dal presidente della Corte Roberto Spanò, è tornata ieri mattina e ha effettuato dei prelievi nel forno utilizzato, dopo che all’inizio dell’esperimento era stato prelevato il Dna dell’animale che pesava poco più di 13 chili. Erano presenti anche i consulenti di parte. L’attenzione del medico si è concentrata in particolare sulle pareti e sulla cappa del forno. Un lavoro per cercare eventuali tracce di Dna dell'animale.Le prime impressioni portano ad escludere che dentro l’impianto possano essere ritrovate tracce riconducibili all’animale. Per gli esperti infatti un profilo genetico non sarebbe in grado di conservarsi ad una temperatura superiore ai 200-250 gradi. Il perito incaricato dalla Corte d’Assise avrà però più di un mese di tempo per depositare una relazione finale sull’esperimento.
Appuntamento in aula il prossimo primo giugno.
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