Caso Bozzoli, dopo 7 anni alcune certezze: il forno non scoppia
Dopo sette anni una certezza c’è. Con al suo interno un corpo, un forno da fonderia non scoppia. I dubbi iniziati durante le prime indagini, proseguite con l’inchiesta bis condotta dalla Procura generale, sono stati fugati nel processo. E quindi Mario Bozzoli può essere stato ucciso nel forno più grande della sua azienda di Marcheno la sera dell’otto ottobre 2015. Una certezza restituita dall’esperimento giudiziale svolto ieri nella fonderia Gonzini di Provaglio d’Iseo, messa a disposizione dalla proprietà per effettuare una prova in scala ridotta. È stato scelto un forno più piccolo rispetto a quello che era in funzione nella fonderia di Marcheno e non è stato utilizzato un corpo umano di oltre 90 chili, ma un maialino di 13 chilogrammi che era già morto nei giorni scorsi.
La fumata
La prima reazione ha fornito la prima certezza: il forno non è esploso. Immediatamente si è generata una fiammata, non appena il corpo è entrato in contatto con la temperatura che superava gli 800 gradi e poi si è registrata una fumata biancastra. Nell’aria, all’interno e all’esterno dello stabilimento, si è percepito un odore non troppo intenso di carne e fibre bruciate.
L’odore
Un tema, quello dell’odore, che nella ricostruzione non può avere un peso determinante. Perché la sera dell’otto ottobre 2015 uno dei due figli di Mario Bozzoli arrivò in fonderia per cercare il padre attorno alle 23.30. Quattro ore dopo quegli undici minuti tra le 19.14 e 38’’ e le 19.25.21’’, in cui secondo l’accusa Mario Bozzoli è stato ucciso. E soprattutto quattro ore dopo le 19.21 e 34’’ in cui si verificò l’ormai famosa fumata anomala. L’impianto di aspirazione di Marcheno, molto più grosso rispetto a quello della fonderia dell’esperimento a Provaglio, in quel lasso di tempo potrebbe aver smaltito e quindi abbattuto i fumi. E quindi gli odori percepibili.
Nell’esperimento giudiziale, la carcassa del maiale, dopo più di un’ora sul bagno di metallo fuso, si è praticamente carbonizzata e a quel punto è stata completamente annegata nel fluido ad oltre 800 gradi. Il perito del giudice ha prelevato campioni di Dna dall’animale: oggi il suo compito sarà ricercare lo stesso profilo genetico all’interno delle scorie ormai fredde e sul refrattario del forno. Dopo gli accertamenti chimici nella fonderia Bozzoli di Marcheno il 19 luglio 2016 i Ris di Parma scrissero: «All’interno e sulle pareti del forno grande e all’interno e sulle pareti del forno piccolo adibiti alla fusione di metalli, nonché sulle scorie di lavorazione relative alla giornata della scomparsa di Mario Bozzoli, non sono emerse sostanze chimiche che potessero univocamente essere ricondotte alla presenza di resti umani». Ora si attendono nuove risposte.
La vedova: «Impressionante»
È stata una giornata molto difficile. L’ennesima da quel giorno di metà ottobre 2015 in cui ha perso per sempre il marito. Scomparso dopo una telefonata e con il ristorante prenotato per la cena. «Non ho nulla da dire se non che sono rimasta impressionata. Davvero tanto» è l’unico commento di Irene Zubani dopo l’esperimento nel forno. La vedova di Mario Bozzoli è stata tra le prime persone ad arrivare a Provaglio di Iseo. Accompagnata dai cognati, ha parcheggiato l’auto proprio davanti al capannone della fonderia. «L’azienda è più piccola rispetto a quella di Marcheno, così come l’impianto di aspirazione e il forno» ha detto. «L’esperimento ci dirà sicuramente qualcosa». Alla fine è rimasta senza parole.
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