Cadavere nel Sebino, cominciate le operazioni per il recupero

Anticipato l’intervento per estrarre la Ford inabissata a 80 metri di profondità. L’autopsia sul corpo affidata al medico legale del caso Yara
  • Lago d'Iseo, le operazioni della Marina Militare per il recupero dell'auto
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È stato anticipato a questa mattina l’intervento nel lago di Iseo per recuperare l’auto, inabissata a 80 metri di profondità al largo di Tavernola e il corpo intrappolato al suo interno. Un macabro relitto individuato sul fondo del lago da due sub durante una normale immersione, una decina di giorni fa.

Dopo le prime indagini si sono dovute aggiornare ad oggi le operazioni nel Sebino con la partecipazione dei militari della Marina Militare, dotati di strumenti altamente tecnologici.

L’intervento è iniziato alle 7. Allestito il «pontone» con l’escavatore con cui agganciare l’auto dopo essere stata «imbragata» dagli uomini del reparto speciale. Le operazioni saranno svolte allo scivolo del Pontèl, dove si trova la chiatta con tutti i macchinari in appoggio alle operazioni in caso di necessità. Scaricate le bombole e tutte le attrezzature per il «soccorso speciale».

La missione di recupero dell’auto, già di per sè tecnicamente complessa, intreccerà quella del recupero del corpo saponificato individuato al suo interno e questa è la missione cruciale dell’intera operazione: riportare a riva e alla luce un cadavere rimasto sott’acqua per 15 anni senza rischiare di renderlo inutilizzabile per le operazioni d’identificazione e per l’autopsia.

Per questo il pm Giancarlo Mancusi, che coordina le indagini, ha nominato l’anatomopatologo Cristina Cattaneo, il medico legale del caso Yara (ma anche dei «cold case» Lidia Macchi ed Elisa Claps), una delle maggiori auctoritates della medicina forense.

La presenza del medico legale durante l’operazione di recupero è legata alla necessità d’intervenire immediatamente nel momento in cui il corpo individuato a bordo della Fiesta verrà mosso e spostato e ne verrà alterato «l’habitat» in cui è rimasto presumibilmente per 15 anni. Il rischio di compromettere le condizioni di lavoro sul cadavere è elevato e l’eventuale impossibilità tecnica di risalire all’identità del corpo e a formulare ipotesi cliniche sulla morte renderebbe di fatto vana l’intera operazione di recupero.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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