Scuola

«Ricostruire dalle macerie», la mostra degli studenti del Tartaglia-Olivieri

Paola Gregorio
Ogni opera esposta è un tassello del percorso di rinascita. Ospite per l’inaugurazione il giornalista bresciano Omar Bellicini: «L’Europa può ancora avere un ruolo nella pace»
Ricostruire dalle macerie
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«Se guardiamo all’oggi, al presente, è irrealistico. Però va costruito un percorso, va cercata una difficile unità tra Paesi europei. È necessario che si trovino degli accordi tra alcuni Paesi europei che possano essere la base di un rafforzamento dell’integrità europea e quindi di una voce dell’Europa che possa essere sentita anche a livello internazionale».

Il giornalista bresciano Omar Bellicini, ospite dell’istituto Tartaglia-Olivieri per l’inaugurazione della mostra collettiva degli studenti del liceo «Ricostruire dalle macerie» – si chiuderà il 31 maggio – si dice convinto che l’Europa possa ancora avere un ruolo nelle trattative di pace per la guerra in Ucraina.

Le macerie non sono solo quelle della guerra, ma anche le nostre fragilità. Gli studenti con le loro opere si sono posti la domanda «Come ricostruire? Come rinascere?». Ogni opera esposta è un tassello del percorso di ricostruzione e rinascita. «L’antidoto all’indifferenza è l’umano», hanno detto Maria Fiori e Giulia Bonardi, le docenti che hanno coordinato la mostra. Bellicini ha toccato la stringente attualità: «L'Ucraina è stata parte dell'impero zarista - ha ricordato – . Nell’ottica di Mosca è un Paese che si è distaccato a causa dell’influenza dell’Occidente, in quella ucraina l’invasione russa è una rottura violenta della propria sovranità. È difficile stabilire quale sia la ragione o il torto, a meno che ci si fondi su principi considerati sacri, come l’inviolabilità della sovranità di uno Stato. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un ritorno della forza come motore della storia».

Alcune opere della mostra collettiva - © www.giornaledibrescia.it
Alcune opere della mostra collettiva - © www.giornaledibrescia.it

La mia generazione, ha detto il giornalista, «si è illusa che ci trovassimo alla fine della storia con la caduta del Muro di Berlino e il superamento della Guerra Fredda. Ci si aspettava che la democrazia liberale si sarebbe espansa in tutto il mondo. Invece adesso ci rendiamo conto che la storia fa spesso delle giravolte e non si può dare nulla per scontato. Oggi siamo preoccupati che l’autoritarismo raggiunga l’Europa».

I diritti fondamentali però vanno difesi. «Sono una responsabilità di tutti, anche dei giovani che hanno spesso una spinta di trasformazione», ha chiarito Bellicini. Le convinzioni della generazione del giornalista avevano radici culturali profonde. «In primo luogo il Cristianesimo che ha rotto il concetto classico della ciclicità - ha spiegato – . Per il Cristianesimo la direzione è lineare, ci muoviamo verso qualcosa. Il comunismo aveva la stessa idea, si parlava di “sol dell’avvenire” che avrebbe portato le persone ad essere migliori in un mondo migliore. E ancora la scienza con il positivismo. La giurisprudenza cerca di insegnare che si può porre un argine alla forza con i diritti, le leggi. Oggi siamo tornati a constatare che forse è sempre il potere che riesce a prevalere». Guai però ad arrendersi. «Nulla è dato, tutto va difeso – ha concluso il giornalista – . Quando le nostre convinzioni hanno cominciato a vacillare? Quando l’Occidente si è sentito al tramonto, ha iniziato ad accorgersi che non era solo. Da quella giusta autocritica si è arrivati a un senso di colpa che non ci porta a difendere i nostri valori. Io però sono convinto che l'Europa potrà giocare un ruolo chiave per preservarli».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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