Conoscere il proprio corpo: la transizione dal fare al sentire
C’era una volta un “prima”, separato dal “dopo” da un filo sottile, molto sottile, per alcuni troppo. Un “dopo” nuovo, imprevedibile, che ci ha colti impreparati, un cambiamento eccessivo ed improvviso, che ha fatto emergere il sentimento della fragilità e che ci ha chiesto di attivare una nuova grammatica delle relazioni con noi stessi, con gli altri e con la realtà.
Abbiamo perso (temporaneamente) i riferimenti che ci orientavano, sospesi tra incertezze e timori, con la paura di un cambiamento che non pensavamo di saper gestire, abbiamo reinterpretato ruoli ed impegni.
In questo “dopo” improvviso, troppo veloce e troppo grande, mi sono confrontata col ruolo di docente e con la responsabilità che come adulti abbiamo nei confronti dei giovani.Comunicazioni private e frasi all’apparenza “scontate”, metafore e suggestioni suggerite dai racconti dei miei studenti, mi hanno aiutata ad intercettare bisogni e fragilità e mi hanno convinta a fare un passo oltre la didattica delle Scienze Motorie, materia che insegno in un Istituto Superiore della città.
“Allora ragazzi come va? Cosa mi raccontate?”
“Non riesco a stare nella mia pelle”
“Faccio fatica a dormire”
“Non riesco a stare fermo”
“In casa non siamo ancora arrivati ai coltelli, però…”
“È impossibile concentrarsi, non riesco a studiare”
“Mi mancano i miei amici”
“Ho bisogno di andare a giocare”
“Sono triste, i miei nonni non ci sono più”
“Ho paura e non so perché”
Quanto stress hanno subìto i nostri ragazzi e le nostre ragazze? Quanta attivazione c’è nei loro sistemi a cui tanti di loro non sanno dare risposta? Cosa fare per aiutarli?
Da qui è nato il passo verso il corpo che “sente”, per una personale e sostanziale fiducia nel fatto che della saggezza dell’organismo ci si può fidare.
Ho proposto ai ragazzi e alle ragazze un’esperienza: un breve percorso sul rilassamento, sulla gestione dello stress, sull’uso del respiro, delle sensazioni; un’alternativa al lavoro ginnico, per imparare ad ascoltarsi.
Perché ascoltarsi, sapersi ascoltare, sentirsi un po' il proprio “porto sicuro”, conoscersi, contattare fragilità e paure, come pure il “sentire piacevole”, aprono le porte ad una maggiore confidenza con sé stessi e ad un senso di rinnovata competenza.
Un aspetto di cui si è occupata anche Oasi con il percorso “Don’t Panic!” dedicato alla gestione dell’ansia, per fare chiarezza e per analizzare una ad una le componenti dell’ansia: quella corporea, quella cognitiva e quella comportamentale, per poter finalmente affrontare l’ansia.
“Non esco dal letto”
“Non sento il corpo”
“Mi manca l’equilibrio, mi sembra di cadere”
“Non riesco a pensare”
“E’ come se non fossi presente”
Per gestire in modo efficace lo stress, per diminuire l’attivazione riportandola dentro la zona di comfort (cioè ritornare ad uno stato di benessere) è necessario rivolgersi al corpo e alla relazione, con noi stessi e con l'altro.
Il primo momento, fondamentale per la gestione dello stress, è l’ascolto del corpo.
Quando il nostro corpo esce dalla zona di comfort inizia a raccontare. Se ci fermiamo ad ascoltare impariamo a riconoscere che siamo attivati: riconosciamo che il respiro difficilmente è fluido e che il corpo difficilmente è morbido e rilassato.
Questo è il primo passo fondamentale per poter stare meglio. Solo quando abbiamo sentito come ci sentiamo davvero, possiamo capire di cosa abbiamo bisogno e possiamo trovare le strategie più efficaci per noi.
In allegato trovate delle proposte di attività, esercizi che hanno aiutato gli studenti/esse ad ascoltarsi e sciogliere alcuni stati di tensione; trovate i loro diari, perché la condivisione è stata una parte importante di questo percorso, ed alcuni approfondimenti teorici su cui si basa il lavoro fatto.
Auguro a tutti di tornare presto ad abbracciarsi!
Prof.ssa Rossana
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