Scienza

Magia del solstizio d'estate fra tradizioni e storie mitiche

Dai riti celtici alle cerimonie greche e di Roma Imperiale sino al nuovo corso cristiano.
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Il Solstizio d'estate, in cui il sole culmina allo Zenit, il dì è il più lungo dell'anno e la notte la più breve, è stato sempre considerato un giorno critico, di passaggio, caratterizzato da riti propiziatori ed esorcizzanti che nel tempo e nei vari luoghi si sono intersecati, sovrapposti, e in parte metamorfizzati nel passaggio dal paganesimo al cristianesimo.
Tradizioni e cultura
Dall'America precolombiana, alla Mezzaluna fertile, dalla Grecia ai Celti e ai Romani: una trasversalità di riti e feste basate sulla semplice osservazione dei corpi celesti, in omaggio al Sole che invertiva la sua rotta, all'estate che si apriva, al mistero di un giorno considerato magico. Le feste solstiziali iniziano con le prime civiltà agricole e il progredire della scienza consente all'uomo di scrutare il cielo e prevedere gli eventi astronomici principali, organizzando quindi le proprie attività. Nascono così i primi osservatori astronomici, come Stonehenge, complesso megalitico in asse con il sorgere del Sole al solstizio estivo, o le costruzioni astronomicamente orientate dei Maya e degli Egizi.
I Celti, che usarono sicuramente il sito di Stonehenge, erano soliti festeggiare il Solstizio d'estate con riti in cui il fuoco, simbolo del Sole, era l'elemento fondamentale: nella notte del solstizio si accendevano fuochi sulle colline per scacciare gli spiriti maligni. Si sacrificavano sui falò animali e forse, come narrano Strabone e Cesare, si facevano anche sacrifici umani. Arriano racconta che i cacciatori celti offrivano in quel giorno un sacrificio annuale ad Artemide (Diana), dea della caccia, nel giorno del suo compleanno. E per secoli in molte zone dell'Inghilterra la sera di San Giovanni si è continuato a simulare una caccia fantasma in onore di Diana. Nella notte del solstizio si raccoglievano erbe in grado di proteggere e allontanare gli spiriti maligni, come Vischio e Artemisia (Artemisia vulgaris: deve il suo nome ad Artemide).
Nell'antica Grecia e a Roma
Per i Greci il Solstizio d'estate era visto come «La porta degli uomini», mentre quello invernale era la «Porta degli Dei»: elementi di comunicazione, quindi, tra la dimensione spazio-temporale finita dell'uomo e quella priva di spazio e di tempo degli dei. Concetto comune a molti popoli, che si ritrova ad esempio nei riti vedici indiani, anteriori alla civiltà greca.
Nell'antica Roma le feste solstiziali erano dedicate a Giano bifronte. Il concetto di solstizio come porta si radica quindi anche nel mondo latino e il dio che li rappresenta non può essere che Giano, protettore delle porte e dei passaggi. Giano è bifronte, indicatore di un passaggio: infatti il Solstizio d'estate evidenzia da un lato il punto massimo del Sole (Zenith) nel suo cammino sulla volta celeste, ma, dall'altro lato, è anche il punto d'inizio della sua fase calante. Allo stesso modo il Solstizio d'inverno sottolinea l'inizio della sua fase ascendente, partendo dal punto più basso. Il Dio Giano diventa colui che conduce da uno stato all'altro.
Con l'affermarsi del Cristianesimo le feste pagane solstiziali, non potendo essere soppresse per il loro forte radicamento fra la gente, furono, almeno in parte, cristianizzate, così come accadde alle altre feste precristiane: ne è un esempio il capodanno Celtico di Samhain, il 1° novembre, festa nella quale si credeva che i morti tornassero sulla Terra, che divenne per il cristianesimo la festa di Ognissanti, immediatamente seguita da quella dei morti.
La svolta cristiana
Alle feste solstiziali di Giano si sovrappongono quindi quelle dei due San Giovanni: San Giovanni Battista per il Solstizio d'estate e San Giovanni Evangelista per il Solstizio d'inverno (22 dicembre), nomi che evidenziano anche una notevole somiglianza fonetica: Janus-Johannes. La festa del Solstizio d'estate venne consacrata a Giovanni Battista che, secondo il Vangelo di Luca (I, 26-36) era nato sei mesi prima di Cristo. La non coincidenza tra il 21 e il 24 giugno è probabilmente dovuta a diversi fattori: innanzitutto il fatto che in epoche remote i calendari non facevano riferimento al Sole ma alle stelle fisse e dunque sempre alle stesse costellazioni, nonostante il moto di precessione. Inoltre va rimarcato che le celebrazioni del solstizio non duravano un solo giorno, perché in effetti la percezione del sole allo Zenit permane per tre o quattro giorni.
Il fatto che la Chiesa abbia scelto proprio i giorni delle feste solstiziali per ricordare due tra i santi più importanti, indica comunque quanto queste fossero profondamente radicate nella popolazione. San Giovanni Battista è l'unico santo del calendario di cui si festeggia la nascita (per la verità anche la morte: san Giovanni Decollato il 29 agosto). Il dies natalis è naturalmente fittizio e fu fissato nel IV secolo, quando la Chiesa cristiana del tempo, per contrastare le feste pagane, scelse il dies natalis di Cristo il 25 dicembre: a Roma quel giorno era festeggiato il Natalis solis invicti, dedicato alla nascita del sol invictus. Di conseguenza venne fissato il 24 giugno quello di San Giovanni.
Stefania Baiguera

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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