«Servono un piano anti-pandemia e molti più infettivologi»
Mancanza di un piano anti-pandemia, carenza di specialisti in malattie infettive e l'errata illusione di poter affrontare da soli la sfida. Sono alcune delle lezioni che l'emergenza coronavirus ci ha lasciato e di cui fare tesoro per il futuro.
A spiegarlo sono alcuni dei maggiori esperti italiani, intervenuti in occasione della presentazione online di «Covid-19 - il Virus della Paura», un progetto di informazione e formazione ideato da Consulcesi e patrocinato dal Ministero della Salute. «La maggior parte delle nostre strutture ospedaliere - denuncia Massimo Andreoni, direttore Malattie Infettive dell'Università di Tor Vergata - sono impreparate sul fronte delle malattie infettive. Basti pensare che molti ospedali non hanno un reparto dedicato e in altri il reparto di malattie infettive è stato proprio chiuso. Allo stesso modo negli ospedali c'è una carenza di infettivologi, figure fondamentali per la gestione di un'emergenza di questo tipo».
L'emergenza Covid ci ha insegnato che il mondo è interconnesso, prosegue Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). «A fronte di questo attacco violentissimo, i governi hanno risposto inizialmente con l'isolamento, la difesa dei confini, la presunzione assurda di riuscire a salvarsi escludendo il vicino, anzi andando alla concorrenza per aggiudicarsi presidi e servizi prima degli altri. Vediamo ora come tutto ciò sia catastroficamente sbagliato. L'Unione Europea ha finalmente iniziato a comportarsi come tale e le grandi agenzie internazionali stanno lavorando con gli stati membri perché vaccini, diagnostica e farmaci siano patrimonio di tutti».La pandemia «ci ha colto di sorpresa» e ci ha mostrato, inoltre, commenta Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell'Ospedale Spallanzani, «che serve mettere a punto un piano antipandemico prima dell'emergenza. Solo così saremo preparati ad affrontare a un'eventuale seconda ondata o a una nuova pandemia».
Tra i tanti problemi connessi al lockdown, l'aumento di stress e disturbi psichici. Anche da questo punto di vista si è imparato molto. «La necessità di dover rispondere ai bisogni dei pazienti, unita all'impossibilità di incontrarli fisicamente - conclude lo psicoterapeuta Giorgio Nardone, del Centro Terapia Strategica di Arezzo - ci ha "costretto" a imparare a usare nuovi strumenti e nuove forme comunicative che si sono rivelate efficaci quanto le tradizionali».
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