Plasmaterapia anti-Covid: effetti collaterali inferiori all'1%

Lo studio, svoltosi tra il 17 marzo e l'8 maggio, ha visto l'arruolamento di 46 pazienti ricoverati a Pavia e Mantova
Il plasma di chi ha sconfitto la malattia potrebbe essere un ottimo alleato per la terapia
Il plasma di chi ha sconfitto la malattia potrebbe essere un ottimo alleato per la terapia
AA

«Gli effetti collaterali della plasmaterapia, per la cura dei casi più gravi di Covid-19, sono modesti e facilmente dominabili. A confermarlo è anche uno studio condotto negli Stati Uniti su oltre 20mila pazienti, dove sono stati riscontrati effetti collaterali in una percentuale inferiore all'1 per cento, e comunque sempre decisamente inferiore a quella che si manifesta con alcuni farmaci antivirali utilizzati contro il Coronavirus». A spiegarlo all'Ansa è il professor Cesare Perotti, primario del servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del San Matteo di Pavia. Il Policlinico pavese, insieme all'ospedale di Mantova, ha condotto una ricerca sull'utilizzo del plasma da donatori convalescenti come terapia per i pazienti critici affetti da Covid-19.

Lo studio, svoltosi tra il 17 marzo e l'8 maggio, ha visto l'arruolamento di 46 pazienti ricoverati a Pavia e Mantova (ad esclusione di uno proveniente da fuori regione). Come è emerso dai dati recentemente pubblicati su «Haematologica» (una delle più prestigiose riviste del settore in ambito internazionale), il tasso di mortalità, che prima oscillava tra il 13 e il 20 per cento tra i malati ricoverati in terapia intensiva con Covid-19, è sceso al 6 per cento una volta applicata la terapia con il plasma iperimmune. «È fondamentale che i risultati della nostra sperimentazione siano stati pubblicati da Haematologica dopo un rigoroso controllo - sottolinea Perotti - il nostro protocollo è a disposizione della comunità scientifica mondiale. In particolare stiamo cercando di aiutare i Paesi con minore risorse, come Paraguay. Messico, Tagikistan e Kenya. A chi ha criticato il fatto che il nostro studio non sia stato 'randomizzatò, replichiamo che per seguire quel tipo di procedura sarebbero serviti diversi mesi, mentre quando abbiamo avviato il protocollo, in marzo, non c'era tempo da perdere visto che si registravano centinaia di morti ogni giorno.

È stato giusto, dal punto di vista medico ed etico, non avviare una randomizzazione in piena tragedia. La nostra esperienza, condotta anche sulla scorta di anni di lavoro con il plasma per altre patologie, potrà comunque aprirsi a tutte le randomizzazioni che si vorranno fare in futuro. Non a caso l'Unione Europea ci ha incaricato di stilare le linee guida per armonizzare la plasmaterapia tra tutti gli Stati membri». Il primario del San Matteo ricorda che «il plasma utilizzato a Pavia, come in generale in Italia, è assolutamente sicuro grazie alla severa applicazione delle regole stabilite dal Centro Nazionale Sangue. Tra l'altro al Policlinico abbiamo anche introdotto, grazie alla sinergia con il Laboratorio di Virologia Molecolare, un test di neutralizzazione virale che offre ancora più garanzie. La terapia con il plasma inoltre ha anche il vantaggio di essere poco costosa: per ogni sacca di plasma si spendono 86 euro». Sino ad oggi sono state 370 le donazioni di plasma effettuate al San Matteo da pazienti convalescenti. In 180 casi il protocollo è stato applicato con l'infusione di plasma ricco di anticorpi particolarmente efficaci nel combattere il Covid-19. «Fuori protocollo - aggiunge Perotti - abbiamo distribuito anche in numerosi ospedali di altre regioni un plasma con una carica leggermente più bassa di titolo neutralizzante, che comunque ha dato ottimi risultati nella cura dei pazienti. In previsione di un'eventuale seconda ondata di contagi in autunno, che naturalmente ci auguriamo non si verifichi, abbiamo stoccato un numero di sacche in grado di infondere il plasma in circa 800 pazienti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato