Linfoma, una malattia sempre più guaribile

Il prof. Franco Mandelli: "Oggi, rispetto a qualche anno fa, si può curare con chemioterapia, trapianto di midollo osseo e farmaci biologici" Si tratta di un tumore maligno che colpisce il sistema linfatco: le prospettive di guarigione sono raddoppiate e i pazienti vivono più a lungo.
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ROMA
Il linfoma è una neoplasia che colpisce il sistema linfatico, principalmente i linfonodi. Poiché il sistema linfatico è diffuso a tutto l'organismo, il linfoma può interessare ogni organo. Si tratta di un tumore maligno molto frequente: sono descritti circa 15-19 nuovi casi ogni 100.000 abitanti per un totale circa di 11-12.000 nuovi pazienti ogni anno affetti da linfoma non Hodgkin in Italia. È la quarta neoplasia più frequente negli uomini e la sesta nelle donne.

Il prof. Franco Mandelli

Il punto sulla situazione è stato fatto in occasione della "Giornata mondiale per la conoscenza del linfoma", appena celebrata: "Obiettivo di questa giornata - ha sottolineato il prof. Franco Mandelli, presidente dell'Ail nazionale - è promuovere l'informazione sulla malattia, ma anche dare speranza a coloro che ne sono colpiti: grazie ai passi avanti compiuti in questi anni dalla ricerca, i linfomi sono oggi malattie curabili e sempre più spesso guaribili".

Le cause della sua insorgenza sono ancora sconosciute e può esordire con sintomi non sempre evidenti, come nel caso dell'aumento di volume dei linfonodi. Questa linfoadenopatia può essere superficiale, e quindi visibile dal paziente stesso, oppure essere profonda e riguardare organi interni nell'addome o nel torace. In questo caso soltanto un esame radiologico (ecografia o TAC) può far emergere la presenza del linfonodo patologico. A volte la comparsa dei linfonodi può essere accompagnata da sintomatologia sistemica: febbre, sudorazione, calo ponderale, prurito. Ovviamente non tutti quelli che presentano uno di questi sintomi devono essere considerati affetti da linfoma. Solo la biopsia del linfonodo o del tessuto linfatico permette una diagnosi certa.

I tumori del sistema linfatico

Esistino due tipi di tumori del sistema linfatico. Il linfoma di Hodgkin, (o Morbo di Hodgkin, dal nome del medico che per primo lo individuò nel 1832), caratterizzato dalla presenza di un particolare tipo di cellule tumorali, le cosiddette cellule di Reed Sternberg, non rilevabili nelle altre forme di linfoma.

Ilinfomi Non-Hodgkin (LNH) che rappresentano la categoria più comune e diffusa. Esistono più di 30 tipi diversi di linfomi Non-Hodgkin i quali vengono solitamente distinti in due gruppi, a seconda della rapidità di crescita del tumore. Ci sono gli indolenti (basso grado di malignità): le cellule tumorali si dividono e si moltiplicano lentamente, rendendo difficoltosa la diagnosi iniziale. I pazienti affetti da questi linfomi possono convivere con la malattia per molti anni, ma le terapie standard non sono in grado di contrastare la malattia quando già si trova in uno stadio avanzato. La forma indolente, a sviluppo lento, rappresenta il 45% dei linfomi Non-Hodgkin. E ci sono gli aggressivi (grado di malignità medio/alto): le cellule tumorali si dividono e si moltiplicano rapidamente e, se non trattato, il linfoma può essere fatale nel giro di sei mesi-due anni. La forma aggressiva, o a crescita rapida, che si presenta in circa il 55% dei pazienti con linfoma Non-Hodgkin, è quella più sensibile alle terapie.

Le cure

I capisaldi della lotta contro queste malattie sono la tradizionale chemioterapia, il trapianto e i farmaci biologici mirati come gli anticorpi monoclonali.

Le prospettive di vita del paziente sono notevolmente migliorate grazie all'evoluzione della chemioterapia, all'impiego del trapianto di midollo osseo e più recentemente, grazie all'impiego dei farmaci intelligenti, farmaci "mirati" che agiscono direttamente sul bersaglio molecolare. Tra questi il rituximab, una molecola che ha dato ottimi risultati. Si tratta di un farmaco che riconosce un antigene superficiale che è presente sulle cellule del linfoma a cellule B (l'antigene CD20), si attacca e quindi distrugge la cellula. Tale farmaco deve essere considerato una sorta di "proiettile magico", ecco dunque perché è ritenuto una "terapia mirata".

Va ricordato, comunque, che il solo anticorpo non sostituisce la chemioterapia: va utilizzato in combinazione con la chemioterapia. L'aggiunta dell'anticorpo alla chemioterapia ha migliorato in maniera significativa la prognosi dei pazienti affetti da linfoma in termini di percentuale di remissione completa di malattia e di sopravvivenza.

"Anche per il linfoma follicolare, il più comune tra i linfomi indolenti - ha spiegato l'ematologo Mandelli - ci sono nuove prospettive di cura; grazie all'immunoterapia associata alla chemioterapia, infatti, i pazienti affetti da linfoma follicolare possono mantenere intervalli liberi da malattia statisticamente più lunghi rispetto a quelli ottenuti con la sola chemioterapia, prolungando così la remissione della malattia e ritardando o prevenendo nuove ricadute".

Nel prossimo futuro si prevedono nuove generazioni di anticorpi monoclonali sempre più specifici, efficaci e meno tossici.

Risultati promettenti ed incoraggianti, infatti, stanno giungendo dalla ricerca: è in sviluppo clinico un nuovo anticorpo monoclonale di terza generazione che potrà essere utilizzato nel trattamento del linfoma non Hodgkin, compreso il linfoma linfocitico.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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