Fratture polso e scafoide un guaio

Una mano che funziona è il risultato mirabile di un complesso estremamente sofisticato di strutture che operano in perfetta sintonia tra di loro. La mano è come un'orchestra il cui direttore, il cervello, coordina tra di loro i musicisti, ognuno dei quali deve rigorosamente rispettare lo spartito assegnatogli e suonare con maestria il suo strumento. Lo studio accurato dello spartito con ripetute sedute di prova permette ad ogni componente dell'orchestra di imparare la sua parte. In questo modo un'orchestra può raggiungere livelli artistici eccezionali e ottenere il meritato successo. Un musicista che non riesce a raggiungere questi obiettivi è in genere un cattivo musicista perché i suoi limiti e i suoi errori danneggiano l'intera orchestra. Anche la mano di molti sportivi, ed in particolare quella di chi «arrampica», necessita di allenamento continuo per raggiungere e mantenere l'abitudine alle sollecitazioni specifiche che la specialità impone sia in termini di rapidità e di qualità della risposta funzionale sia di tenuta alla sforzo prolungato. In sostanza, la mano in montagna è sottoposta a richieste funzionali elevatissime e ripetitive a cui deve rispondere con prontezza, precisione, forza e resistenza. Se anche una sola delle strutture della mano non fa la sua parte, l'alpinista non può dare il massimo e il gesto sportivo ne risente in genere in modo rilevante, talora con l'impossibilità di concludere la prestazione. Queste strutture sono ossa, articolazioni, tendini e nervi i quali possono essere danneggiati sia per cause traumatiche legate in genere a cadute o violente sollecitazioni meccaniche frequenti nell'attività alpinistica sia per fenomeni di «overuse», vale a dire sollecitazioni ripetitive durante le quali sono richieste posture, atteggiamenti e sforzi molto particolari. Questo deterioramento strutturale si aggrava ovviamente con il trascorrere degli anni.
Le lesioni traumatiche: il traumatismo tipico della mano in montagna è ovviamente quello provocato da una caduta con appoggio violento del polso e della mano. Esso non ha nulla di specifico perché è comune a ogni traumatismo di questo genere e i danni che ne derivano sono quasi esclusivamente localizzati alle ossa e alle articolazioni del polso e della mano. Per le lesioni ossee, quella più frequente e classica è la frattura del polso che può realizzarsi con aspetti clinici e gravità diversi: dalla frattura semplice, senza spostamento dei monconi fino alla complessa, con spostamento dei monconi ossei, spesso con molteplici frammenti di dimensioni variabili e con grave alterazione della morfologia dell'osso. Nei traumatismi da caduta con appoggio sul palmo della mano è frequente anche la frattura dello scafoide, cioè dell'osso più vulnerabile delle otto ossa del carpo. Questa frattura può avere in molti casi delle conseguenze rilevanti perché contrariamente a quasi tutte le fratture non provoca in molti casi dolore importante. Può avvenire così che il paziente, ritenendo di aver subito una banale distorsione, non ritenga necessario presentarsi ad un pronto soccorso per essere sottoposto ad una valutazione medica e a una radiografia. Ne consegue che in molti casi una frattura semplice dello scafoide, anche banale perché non scomposta, possa non guarire e che continui ad essere responsabile per molto tempo di sintomi minimi come un dolore, peraltro sopportabile, durante l'uso di forza del polso. Il paziente riesce in genere a convivere per anni con questi disturbi e non se ne preoccupa, mentre il danno osseo inesorabilmente si aggrava nel corso del tempo. Si arriva infine ad un punto in cui il paziente, con un polso diventato parzialmente rigido col trascorrere del tempo, di punto in bianco comincia ad accusare dolori molto più gravi di quelli avuti fino ad allora , di origine sconosciuta e solo una radiografia permette di capire che in passato lo scafoide ha subito una frattura da cui non è mai guarito e che l'intero polso ormai è preda di un processo artrosico.Tutto questo dipende dal fatto che lo scafoide , diversamente da quasi tutte le altre ossa, non è fornito dalla natura di una circolazione sanguigna brillantissima e che nel caso di una frattura non diagnosticata e non curata per tempo questa vascolarizzazione precaria non consente in genere, a differenza di altre fratture più «benevole», un processo di consolidazione spontanea. Altri tipi di lesione ossea possono verificarsi in montagna per traumatismi più localizzati come quelli che avvengono a livello del pollice sia alla sua radice, dove il pollice si articola al polso con le ossa del carpo , con la classica frattura articolare della base del primo metacarpale chiamata «frattura di Bennet» sia alla base della prima falange (a livello della nocca del pollice) con la «lesione di Stener». In entrambi i casi, si tratta di lesioni ossee molto sintomatiche con dolore e deficit di funzione che non passano certo inavvertite da parte dell'infortunato e che richiedono un trattamento adeguato. Il trattamento ortopedico di queste lesioni e fratture composte del polso e dello scafoide richiede una semplice immobilizzazione per alcune settimane. Nelle fratture scomposte del polso, dello scafoide e in quelle di Bennet e di Stener è in genere richiesto un intervento chirurgico che, nel caso particolare del polso, è talora impegnativo.
Chirurgia della mano - Città di Brescia
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