«Essere positivi al tampone non significa essere contagiosi»

Il dato nel primo studio sulla presenza del virus infettante cui ha lavorato anche lo Zooprofilattico
Ci sono diversi livelli di contagiosità - Foto Epa/Eddy Lamaistre
Ci sono diversi livelli di contagiosità - Foto Epa/Eddy Lamaistre
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C’è il caso di Paolo, cinquantenne, che due mesi fa è risultato positivo al Sars-Cov-2, con sintomi relativamente contenuti. Per lui è iniziata una quarantena che non è ancora finita, malgrado già una settimana dopo l’inizio dei sintomi lui non avesse più nulla. Non così per il tampone, che continua ad essere «debolmente» positivo. Paolo è una delle decine di persone «bloccate» da un tampone che non si negativizza, anche se lui non sarebbe più contagioso.

Questo emerge dallo studio condotto dall’Irccs San Matteo di Pavia cui ha collaborato l’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna che ha sede a Brescia, oltre agli ospedali di Piacenza e di Siena («Le Scotte») e al Policlinico di Milano. Prima ricerca italiana sulla presenza di coronavirus infettante a bassa carica in esami rinofaringei effettuati su 280 persone. Un ruolo significativo lo hanno avuto i virologi dell’Istituto zooprofilattico dove, dall’inizio della pandemia, sono stati processati migliaia di tamponi, soprattutto per la popolazione in quarantena a domicilio. Quello che è emerso dallo studio è che «l’effettiva contagiosità è stata rilevata in meno del 3% dei positivi».

«I dati derivanti da questi tamponi mostrano che il virus c’è stato in passato ma che ora, verosimilmente, non è più in grado di infettare. Dunque - è la nota di Fausto Baldanti, responsabile della Virologia del San Matteo di Pavia, Istituto che ha coordinato lo studio -. Non basta parlare di nuovi contagi o di tamponi positivi, bisogna anche qualificare la positività». Un passaggio che apre uno scenario completamente nuovo in un contesto in costante evoluzione: permetterebbe di «liberare» le persone - duemila in tutta la Regione, alcune decine sulle circa trecento in isolamento obbligatorio a domicilio nel Bresciano - che sono ancora positive al tampone ma «non più in grado di infettare».

Cosa significa «debolmente positivi», un termine che da alcune settimane si legge associato ai numeri della pandemia diffusi da Regione Lombardia? «Quando un tampone ha una positività a bassa carica significa che identifica scarse quantità di Rna virale. Se viene rilevato il materiale genetico allora il virus è presente ma nelle fasi risolutive di un’infezione il genoma viene frazionato e questi frammenti vengono eliminati dall’organismo in tempi più o meno lunghi. Dunque, essere positivi ad un tampone, soprattutto se non si hanno sintomi, non significa necessariamente essere contagiosi». A spiegarlo a fine maggio è stato Arnaldo Caruso che, insieme ai ricercatori del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili di cui è direttore, ha isolato una variante «estremamente meno potente di Sars-Cov-2».

Uno scenario modificato che impone scelte differenti, soprattutto sui nuovi positivi. «Non basta più - aggiungono gli esperti a commento dello studio - parlare di contagi o di tamponi positivi, soprattutto se eseguiti dopo un test sierologico. Serve, ora, specificare quanto una persona risulta positiva. Per capirci meglio, facciamo riferimento alla glicemia: non basta sapere che è alta, bisogna sapere quanto». Sui «debolmente positivi» il ministero della Salute ha preso posizione con Vittorio Demicheli, epidemiologo membro della cabina di regia del Ministero: «Bisogna distinguere tra contagi nuovi e identificazione di vecchi contagi attraverso i test che vengono effettuati con più facilità rispetto ai mesi scorsi. I debolmente positivi vengono conteggiati a parte».

Tutti d’accordo, dunque, sul fatto che vi sia un buon numero di pazienti positivi con una bassa carica virale. Meno sulla loro contagiosità. Nella fluidità della nostra stagione, la domanda è una: esistono conoscenze che si possono dare per acquisite? Di certo, i risultati dello studio cui ha partecipato l’Istituto Zooprofilattico pongono un tassello significativo nel percorso della conoscenza. La Regione, intanto, ha inviato una nota a ministero della Salute, Comitato tecnico scientifico e Istituto superiore di Sanità, con allegati i risultati dello studio cui ha contribuito lo Zooprofilattico: «Chiediamo linee guida che, pur nel rispetto della sicurezza, non ci costringano ad infliggere misure sproporzionate, come la quarantena a chi non è più infettivo».

 

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