Epatite C, diagnosi precoce per salvare il fegato
L’Italia detiene il triste primato di numero uno per numero di casi di epatite C in Europa. Le stime più accreditate riportano una prevalenza del 3% con una frequenza che risulta però diversa tra le varie aree geografiche con percentuali progressivamente maggiori lungo l’asse Nord-Sud. Nella sola Lombardia vi sono circa 180mila soggetti infetti. In Italia il virus C, da solo o in combinazione con altri fattori di rischio quali l’alcol o virus dell’epatite B, è il principale responsabile di cirrosi (72%) e dell'epatocarcinoma (76%) e si ritiene sia la causa di circa diecimila morti all’anno.
L'infezione acuta priva di sintomi nel 60-70% casi e la cronicizzazione è dovuta alla persistenza del virus nell'organismo che provoca infiammazione e fibrosi nel fegato. Questa avviene nel 50-90% dei soggetti che hanno contratto l'infezione in rapporto a variabili diverse, come l'età al momento dell'infezione, la via di trasmissione e lo stato immunitario dell'ospite. Nel 30-50 % dei casi l'infezione cronica prosegue inapparente si accompagna a valori di transaminasi nella norma. In una quota variabile di soggetti con epatite cronica Hcv la malattia può poi evolvere verso la cirrosi e l'epatocarcinoma. La progressione della malattia epatica si svolge in molti decenni ma alcuni fattori possono accelerarla come l'alcol, diabete, la confezione con altri virus e l'età avanzata in cui viene contratta. Correlati a questi cofattori tra il 10-40% dei pazienti svilupperanno la cirrosi. L'incidenza della mortalità correlata alla cirrosi si aggira al 4% per anno mentre l'incidenza del HCC è 1-5% per anni. Infatti l'infezione da virus C è la prima causa di epatocarcinoma in Europa.
Nella epatite cronica C l’obiettivo della terapia è l’eliminazione definitiva del virus dall'organismo (eradicazione) con lo scopo di evitare la progressione verso la cirrosi e le sue temibili complicanze come l'epatocarcinoma e lo scompenso.
La terapia contro l'infezione da virus C ha avuto un'evoluzione significativa negli ultimi 15 anni: si è basata sull'interferone pegilato somministrato per iniezione sottocutanea una volta alla settimana e compresse giornaliere di ribavirina (duplice terapia). La durata del trattamento è dipendente dal genotipo virale, dalla carica virale prima del trattamento e dalla risposta in corso di terapia. Tuttavia, questi farmaci sono gravati da effetti collaterali per cui non possono essere utilizzati in tutti i pazienti.
Alla fine del 2012 sono diventati prescrivibili in Italia due nuovi potenti farmaci antivirali diretti (boceprevir e telaprevir) che agiscono inibendo un enzima necessario per la replicazione del virus. Ultimi farmaci che non vanno utilizzati da soli, ma in combinazione con l'interferone pegilato e la ribavirina, formando così la triplice terapia, e non devono essere interrotti nè sospesi. Possono essere utilizzati solo nei pazienti con genotipo 1 e l'assunzione combinata dei 3 farmaci aumenta in maniera significativa la possibilità di eradicazione definitiva del virus in questo genotipo che è meno suscettibile di eradicazione con la duplice terapia. La combinazione dei tre farmaci ha aumentato la possibilità di effetti collaterali, soprattutto nei pazienti con malattia già progredita in cirrosi per cui le persone in terapia devono essere sottoposte a controlli molto frequenti. In futuro saranno disponibili nuovi farmaci, utilizzabili anche senza la combinazione con interferone, che renderanno più facile gli schemi di terapia.
Le nuove infezioni sono costantemente in diminuzione ma, sfortunatamente, rimane elevato il numero di pazienti infetti cronicamente che non conosce la loro propria condizione di malattia (e che quindi può evolvere verso forme avanzate di malattia) e coloro che non hanno avuto un esito favorevole dalla terapia antivirale. Un'indagine svolta da SWG e-Health Communication su richiesta di Donneinrete onlus e Women in Hepatology ha rilevato che in Italia la conoscenza dell'infezione da virus Hcv è scarsa ed approssimativa. L'informazione è il fattore chiave per interrompere la trasmissione e sfatare i falsi miti che spingono i pazienti ad isolarsi e a portare con sé un carico di ansie e paure. Attualmente è in via di definizione al ministero della Salute il Piano nazionale per la Lotta alle epatiti vrali, presentato per la prima volta il 29 Novembre 2012 in concomitanza con la seconda Celebrazione italiana della Giornata delle Epatiti, che rappresenta un importante punto di partenza per definire strategie di prevenzione, di gestione e controllo mirate a ridurre l'impatto delle malattie epatiche, tra cui in primo piano l'epatite C.
Tra le misure previste dal piano, un elemento significativo è l'istituzione di un registro nazionale, che permetterà di tracciare un quadro preciso della malattia in tutte le Regioni e tenere sotto controllo l'evoluzione delle infezioni da virus Hcv. Il registro sarà il primo passo verso strategie efficaci contro l’epatite C e le sue serie conseguenze.
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