Cinque risposte a domande frequenti sulla terza dose

La dose booster è necessaria per arginare una nuova ondata di contagi da Covid. Il parere dell'esperto della Harvard Medical School
La somministrazione della terza dose a Roma - Foto Ansa/Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
La somministrazione della terza dose a Roma - Foto Ansa/Giuseppe Lami © www.giornaledibrescia.it
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La pratica di dare al sistema immunitario «aggiornamenti» periodici è tutt'altro che nuova. Ma in questi giorni, in cui è iniziata in diversi Paesi la somministrazione della dose di richiamo, cosiddetta booster o terza dose, per il vaccino contro Covid-19 i quesiti si moltiplicano: che effetti ha sul sistema immunitario? E perché serve nel caso del virus Sars-Cov-2 e non in altri?

Ecco le risposte a 5 quesiti di Jonathan Abraham, esperto di microbiologia presso il Blavatnik Institute della Harvard Medical School.

Cosa è esattamente una dose booster e come funziona?

Per l'esperto la terza dose ha «lo scopo di aumentare i livelli di risposte immunitarie dopo che sono diminuite naturalmente. Una dose booster induce il sistema immunitario a pensare che sta nuovamente venendo in contatto con un agente patogeno, quindi le cellule che producono anticorpi e altre cellule immunitarie vengono «richiamate» a mettersi in marcia. La quantità e la qualità degli anticorpi prodotti possono aumentare. Attraverso un processo chiamato maturazione dell'affinità anticorpale, il sistema immunitario impara a riconoscere un agente patogeno e a produrre anticorpi che si legano più strettamente al loro bersaglio. Per il virus Sars-Cov-2 gli anticorpi maturati per affinità possono essere più efficaci nel riconoscere varianti con più mutazioni». 

Vi sono altri tipi di vaccini con richiami periodici?

La risposta è sì. Un esempio è quello contro tetano, difterite e pertosse. Di solito si richiede una dose di richiamo ogni 10 anni per preservare l'immunità.

Perché però questa dose non serve per tutti i vaccini?

La risposta è che «per alcuni agenti patogeni, avere risposte immunitarie preesistenti e innescate, ad esempio sotto forma di livelli anticorpali misurabili, è fondamentale per l'efficacia. Quindi, poiché i livelli di anticorpi diminuiscono nel tempo, è necessario un richiamo. Nel caso ad esempio del virus dell'epatite B, è probabile che il completamento della serie di tre richiami fornisca una protezione permanente, quindi i livelli anticorpali misurabili non vengono controllati di routine». 

La dose di richiamo per Covid-19 è diversa da altre dosi di richiamo?

La risposta è no. «Per ora - spiega Abraham - lo stesso antigene della proteina spike viene utilizzato per il vaccino e i booster. Tuttavia, c'è la possibilità che nel tempo la proteina cambi forma o muti abbastanza da richiedere un booster con un antigene del ceppo aggiornato. Questo scenario sarebbe più simile a ciò che viene fatto ogni anno con i vaccini contro il virus dell'influenza».

Infine, il quesito che forse sta più a cuore per il futuro: faremo ancora dosi di richiamo?

«Ipotizzerei - è la conclusione dell'esperto - che a causa delle varianti altamente trasmissibili, avremo bisogno di dosi booster periodiche per i prossimi anni. Utilizzare un ceppo vaccinale aggiornato può essere saggio perché è improbabile che vedremo più il ceppo vaccinale originale».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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