«Cari genitori» parliamo di fiabe, di storie per crescere

Ogni mercoledì la rubrica «Cari genitori», curata da Giuseppe Pino Maiolo, propone pillole di riflessione educativa, che potranno partire da una notizia di attualità
«Cari genitori» parliamo di fiabe, di storie per crescere
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Ogni mercoledì la rubrica «Cari genitori», curata da Giuseppe Pino Maiolo, propone pillole di riflessione educativa, che potranno partire da una notizia di attualità.

Oggi parliamo di Fiabe, di storie che non raccontiamo più ai bambini. Infatti un recente studio inglese rivela che il 48% dei genitori vorrebbe quanto meno leggerle ma non lo fa per mancanza di tempo e il 26% si affida all’assistente vocale di Amazon.

Mi vien da dire che perdiamo un’occasione preziosa se non lo facciamo nei primi anni di vita del bambino perché le fiabe che sono storie fantastiche chiamate dai latini «fabule», hanno una storia di millenni e raccontate a voce in genere agli adulti, dicevano cosa era accaduto in passato.

Non sono solo storie

Ma non erano solo narrazione di fatti, quanto racconti in forma simboliche sulle difficoltà della vita e sui passaggi difficili dell’esistenza. Quando si è preso a narrarle ai bambini queste storie informavano i piccoli dei passaggi difficili della crescita e dei pericoli che si potevano incontrare. Non erano tanto storielle per intrattenere i piccoli o farli addormentare, ma racconti pieni di emozioni che aiutavano a crescere.

Per questo all’entrata del Museo dei Bambini a Boston, c’è un’iscrizione che dice «Qui non si raccontano storie. Le storie non sono mica storie. Qui si fa sul serio!». Si intende che le fiabe sono metafore importanti per capire la vita e ciò che si è.

Per esempio, ci sono storie che spaventano e impauriscono. Anzi non c’è fiaba che non faccia paura, perché dice cosa vuol dire diventar grandi e scoprire il mondo, le cose pericolose, affrontare gli imbrogli e lottare con i mostri che non si conoscono. Insegna però che si può vincere, ma bisogna lottare ed aver pazienza, aspettare perché alla fine si può incontrare il «principe azzurro» o sposare la «principessa» e «vivere felici e contenti». Insomma la fiaba che spaventa si conclude sempre con il lieto fine che è la sua caratteristica principale. E se non c’è allora non è fiaba!

La narrazione è fondamentale

Andar per fiabe con i bambini vuol dire aiutarli a crescere. Raccontarle facendo voci e smorfie è come fare con loro un viaggio sulle ali della fantasia. È importante che lo possano fare con i genitori e non con Alexa che è una voce artificiale.

Narrate le fiabe anche quelle più truculente che peraltro piacciono ai piccoli, e se tremano quando gli dite dell’orco o della strega malefica, non abbiate timore per loro, perché poi tutto si sistema quando l’eroe vince. Nemmeno meravigliatevi se vi chiedano di ripetere più volte lo stesso racconto.

Accontentali ma senza fare molte variazioni perché hanno bisogno di integrare nella psiche un tema importante per loro. Quando hanno saziato le loro necessità vi diranno di raccontare un’altra storia. Pere questo le fiabe sono importanti durante la crescita. Aiutano a mantenere la fiducia e ad avere pazienza. Saper attendere vuol dire accettare le prove, gli inciampi e le cadute. Perché poi si vince.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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