«Cari genitori», litigare in famiglia non è un male

Litigare fa male? Non sempre. I conflitti in famiglia, se gestiti con empatia, dialogo e ascolto, possono diventare occasioni di crescita. E aiutare anche a costruire una società meno violenta
«Cari genitori», litigare in famiglia non è un male
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Ogni mercoledì la rubrica «Cari genitori», curata da Giuseppe Pino Maiolo, propone pillole di riflessione educativa, che potranno partire da una notizia di attualità.

Cari genitori, siamo nella settimana di Pasqua e oggi vorrei affrontare il tema delle liti in famiglia per cui mi sembra utile una riflessione. Forse ci può servire anche per capire che in questo tempo di guerre che rischiano di esplodere devastanti e di riarmi abbiamo bisogno di una comunità in grado di gestire i conflitti quotidiani e di una società meno belligerante.

Litigare fa male?

Partirei dalla domanda «Litigare fa male?» cui rispondo subito «No! Basta saperlo fare». Gli scontri fanno parte delle relazioni umane ed è impossibile evitarli. Anzi le liti possono essere un’opportunità di scambio che fa emergere l’aggressività, mentre il «non detto» fa accumulare i sentimenti distruttivi.

Certo i conflitti producono ansia e stress in famiglia e come genitori, siamo messi alla prova, ma le liti magari ci aiutano a chiarire i fraintesi a capire le divergenze. So che ci possano spaventare i litigi violenti e che fa paura la sconfitta, ma non dobbiamo confondere il conflitti con le guerre. Sono situazioni diverse: i primi sono un contrasto relazionale da ricomporre col dialogo, le seconde invece sono violenza che distrugge.

Ricordiamoci che per risolvere in famiglia le controversie serve molto la capacità di mediare e negoziare, che poi è «so-stare» nel conflitto, cioè starci il tempo che serve per il chiarimento. L’arte di negoziare serve per risolvere i contrasti e non con la forza fisica o la minaccia delle punizioni, ma con il dialogo per trovare insieme soluzioni.

Contenere gli effetti delle liti

Se vogliamo contenere gli effetti negativi delle liti familiari, però la prima cosa da fare è affrontare subito i contrasti con i figli, invece che rimandarli. Magari lasciate sbollire la rabbia e le emozioni più forti e poi avviatevi al confronto.

La seconda cosa è empatizzare, cioè un vedere con gli occhi dell’altro, un mettersi nei suoi panni o nelle sue scarpe e sentire cosa prova. Non è pratica semplice, ma possibile soprattutto se riusciamo a ricordare le nostre esperienze infantili e giovanili e le emozioni vissute in situazioni simili.

La terza è far attenzione alle parole e a come le diciamo. In una discussione sono controproducenti quelle che offendono o svalutano le idee dell’altro, perché irrigidiscono e non consentono accordi.

Per pacificare gli animi dopo un litigio dovremmo saper valorizzare il pensiero e apprezzare le richieste dell’altro. Ma anche argomentare bene le nostre idee, partendo da un «Si…ma…» piuttosto che da un «no» secco e poi cerchiamo di superare il conflitto con la forza della convinzione, che è con-vincere, cioè un vincere insieme.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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