«Cari genitori», identità e rischi nella «face down generation»
Ogni mercoledì la rubrica «Cari genitori», curata da Giuseppe Pino Maiolo, propone pillole di riflessione educativa, che potranno partire da una notizia di attualità.
Cari genitori parliamo oggi di crescita dell’identità personale. Facendo il mestiere che faccio come clinico psicoanalista e consulente scolastico ma anche come docente universitario, incontro una quantità di ragazzi della «face down generation», la generazione a faccia in giù, eternamente china sullo smartphone.
Ogni volta mi chiedo dove sta la loro identità, perché li sento soli, isolati in un’identità digitale che li rende diversi dalle generazioni precedenti, forse unici. E lo sono di fatto, molto distanti da quello che ero io alla loro età che ricordo essere imbranato, impacciato, insicuro. Oggi invece sembrano tutti sicuri, capaci di mille cose tecnologiche ma sono fragili, fragilissimi se pur arroganti e sfacciati.
Connessi h24
Chattano e comunicare con parole, smorfie, video, e soprattutto con selfie. Per quale motivo? Per farsi belli? No, anzi. Solo per essere visibili. Oggi i social, le piazze virtuali, servono a farti incontrare e conoscere. Una volta si andava nella piazza reale a fare lo struscio, oggi sui social. Nulla di diverso. Ora è solo virtuale, non c’è bisogno del corpo per avere visibilità, ma più di un tempo vale l’idea che solo se mi vedono, io esisto.
Per questo già ragazzini fanno girare foto e video personali, intimi dove la loro immagine, vera o falsa, è in mille pose e in tanti avatar diversi, mille maschere.
Il lavoro per lo sviluppo dell’identità è un laboratorio dove si fanno prove, anche pericolose. Per farmi conoscere devo attirare l’attenzione, eccedere, rischiare. Non per nulla i ragazzini esagerano con le loro performance e quando vengono beccati hanno una materiale scottante come quello pedopornografico da far girare tra i pari.
Il sesso del resto a quell’età ti cattura e l’erotismo esplode online. Anzi di notte abbonda il vamping o il sexting che sono ormai pratiche ormai comuni. Tutti (o quasi) i navigatori notturni dalle loro camerette, provocano, offendono, mettono in piazza foto e video osceni o di violenza.
Cosa fare?
La sfida è ancora una volta educativa, ed è dei genitori che oggi devono essere competenti e sapere cosa fanno i figli online, di notte. È necessario saperli controllare e non affidarsi solo al Parental Control, utilissimo ma non sufficiente. Essere adulti vuol dire adesso essere affidabili e conoscere la rete mostrandone i rischi ma sapendo riconoscere che è più difficile maturare la propria identità e più subdole sono le nuove dipendenze.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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