«Cari genitori», la differenza tra «fare» ed «essere» padre

La Festa del Papà ci offre l’occasione per una riflessione sul ruolo paterno. Una figura fondamentale nel percorso di crescita dei figli: li allena alla vita, regola e disciplina il loro cammino, li educa e li guida verso l’autonomia
«Cari genitori», la differenza tra «fare» ed «essere» padre
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Ogni mercoledì la rubrica «Cari genitori», curata da Giuseppe Pino Maiolo, propone pillole di riflessione educativa, che potranno partire da una notizia di attualità.

Cari genitori, oggi mi rivolgo ai padri cominciando con una citazione importante di Dostoevskij «Colui che genera un figlio, non è ancora un padre. Un padre è chi genera un figlio e se ne rende degno». Capite subito che lo scrittore russo ha in mente la differenza tra «fare» il padre ed «essere» padre.

La paternità, del resto è funzione antica, ormai priva dell’elmo e della corazza. Perché è passata l’epoca del padre-padrone, dotato per secoli di un potere assoluto. Ora il suo compito non è più quello del guerriero ma dell’uomo che accede alla funzione paterna con tenerezza e dolcezza. Un codice di comunicazione nuovo, in parte forse ancora da costruire, ma già ricco di rotondità e morbidezza che punta all’accoglienza, alla partecipazione affettiva e all’ascolto.

Il ruolo nella crescita

All’inizio è l’accudimento fisico che ora i nuovi padri hanno imparato ma che deve continuare negli anni anche se in modo diverso. È la forza del pensiero in adolescenza che serve ad un padre, che accompagna e sostiene lo sviluppo perché si cresce solo se pensati. I figli del resto si aspettano di essere nella sua mente anche se il padre è fisicamente lontano o preso da un’altra esistenza affettiva.

Un padre è accudente quando sostiene la fatica del cambiamento, affianca e incoraggia la crescita, favorisce il distacco dei figli senza impedire il superamento dei confini e l’autonomia. Ma è un padre che parla poco, e invece ascolta molto e accetta il confronto e lo scontro, sopporta la critica e sa gestire il conflitto.

La sua funzione è quella di far allenare alla vita, di regolare e disciplinare il suo percorso di crescita, di educare alla negoziazione più con un «sì…ma» che con un «no» senza appello.

All’adolescente più disorientato che spavaldo, servono indicazioni precise, limiti e i freni di un padre paziente e autorevole che affianca e sa attendere come l’istruttore di guida che interviene al bisogno per non lasciare solo chi si trova nel disagio.

Quello che vedo negli adolescenti che incontro e mi chiedono aiuto, è l’angoscia per il futuro, ma è anche la lunga attesa di un padre. Il rischio oggi è di non trovarlo facilmente e sentir montare la rabbia e l’illusione che ci sia in quelle false effigi di autorità che circolano.

«La tua pazienza triste e delicata, ci rubò la paura», scriveva in una sua poesia al Padre Salvatore Quasimodo, e io credo che sia ancora quello di cui hanno bisogno oggi i figli.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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