Alzheimer, uno studio di UniBs e Spedali Civili rileva effetti positivi di una terapia
La Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Brescia e l’UOC Neurologia 2 dell’Asst Spedali Civili di Brescia hanno pubblicato un articolo sul numero di maggio della rivista «Annals of Neurology» nel quale vengono illustrati i risultati positivi di una terapia innovativa per l'Alzheimer.
Il lavoro scientifico, che vede come primo autore il dott. Alberto Benussi, riporta gli effetti di un trattamento di stimolazione elettrica non invasiva in grado di sincronizzare i ritmi cerebrali grazie al quale è stato osservato un miglioramento significativo dei disturbi di memoria unitamente ad un miglioramento dell'alterazione dei circuiti corticali cerebrali associati alla malattia.
«La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni in Italia vengono stimati circa 500.000 pazienti - spiega il prof. Padovani -. La malattia colpisce principalmente la capacità di ricordare, si ripercuote sulla capacità di pensare e determina cambiamenti di umore e disorientamento. Un costo enorme a livello psicologico per i malati e le famiglie, ma anche un notevole impatto sul sistema socio-sanitario. La messa a punto di nuove strategie terapeutiche è un obbligo morale per chi si occupa di malattia di Alzheimer».
La terapia
Nella malattia, i ritmi o «onde» cerebrali tendono a rallentare progressivamente, provocando un graduale peggioramento dei sintomi, in particolare del disturbo di memoria. Nello specifico, lo studio di UniBs e Spedali Civili riporta gli effetti di un trattamento di stimolazione elettrica, non invasiva, denominato gamma t-ACS, che mira a normalizzare i ritmi cerebrali.
«In considerazione dei risultati estremamente incoraggianti, stiamo mettendo a punto un sistema per indurre effetti a lungo termine tramite stimolazioni ripetute quotidianamente, con un protocollo di applicazione domiciliare – commenta la prof.ssa Borroni -. Questo permetterebbe di “portare la terapia a casa del paziente” con un monitoraggio effettuato dal personale sanitario in telemedicina, riducendo gli accessi in ospedale e migliorando i bisogni dei pazienti e dei loro famigliari. Qualora venissero confermati questi risultati – prosegue Borroni - la terapia con gamma-tACS potrebbe trovare un ampio spazio nell’ambito della malattia di Alzheimer, in particolare nelle fasi iniziali».
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