Alzheimer, benefici dalla stimolazione magnetica

L'applicazione di magneti al cervello causa un miglioramento dei problemi di linguaggio in pazienti affetti dalla malattia. La ricerca, pubblicata sul Journal of Neurology, è stata condotta all'Irccs San Giovanni di Dio e all'Università degli Studi di Brescia.
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L'applicazione di magneti al cervello può migliorare alcuni sintomi dell'Alzheimer. Lo afferma uno studio italiano pubblicato dal «Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry». I ricercatori, coordinati da Maria Cotelli dell'Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, hanno studiato 10 pazienti cui è stata applicata la stimolazione magnetica transcranica - una rapida successione di impulsi magnetici - al lobo prefrontale per 25 minuti.
Metà dei pazienti ha ricevuto il trattamento per cinque giorni a settimana per un mese, mentre l'altra metà ha ricevuto un finto trattamento per due settimane seguito da due settimane di stimolazione magnetica.
Il campione della ricerca
I pazienti che hanno avuto il trattamento completo hanno mostrato una maggiore comprensione di ciò che veniva loro detto fino al 77%, un miglioramento ancora visibile dopo 8 settimane. Secondo gli autori, il trattamento è specifico per questo sintomo, e serviranno altri studi più ampi per confermarlo.
Un altro traguardo importante nella ricerca per l'intervento non farmacologico sui malati di Alzheimer è stato dunque raggiunto in Italia: attraverso uno stimolatore magnetico accostato alla testa, è stato possibile migliorare il linguaggio di pazienti affetti da tale patologia. La sperimentazione italiana è stata condotta da ricercatori dell'Irccs Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli e dall'Università degli Studi di Brescia.
Nel corso di questo studio, che prevede l'impiego di una metodica innovativa e del tutto innocua che si avvale di onde elettromagnetiche, è stato possibile osservare un miglioramento dei problemi di linguaggio che affliggono pazienti con malattia di Alzheimer.
Durante questa ricerca i pazienti erano sottoposti a stimolazione magnetica transcranica in corrispondenza di un'area del cervello che governa diverse funzioni, tra queste la corretta comprensione di frasi (la corteccia prefrontale), ossia la parte anteriore del cervello. Lo studio ha dimostrato che l'applicazione di sedute ripetute di stimolazione magnetica migliora l'abilità di comprensione in pazienti con malattia di Alzheimer e che questo miglioramento si mantiene fino a tre mesi dall'inizio del trattamento.
Una scoperta accidentale
Carlo Miniussi, docente al Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell'Università degli Studi di Brescia - IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, ricorda come «a dieci anni dalla sua introduzione e in maniera del tutto accidentale, si è scoperto che pazienti affetti da patologie neurologiche e disturbi del tono dell'umore, sottoposti a stimolazione magnetica transcranica ripetitiva per fini diagnostici, presentavano un miglioramento del quadro depressivo».
Da qui, la decisione di utilizzare la stimolazione magnetica transcranica come trattamento terapeutico in ambito neuropsichiatrico.
Ed aggiunge: «Se utilizzata in modo ripetitivo, infatti, la stimolazione, ad alte o basse frequenze, può ridurre e modulare i fenomeni di riorganizzazione neuronale, detta plasticità che è in grado di facilitare o inibire, in modo relativamente selettivo, circuiti neuronali responsabili di determinate funzioni e determinati sintomi».
Orazio Zanetti, primario dell'Area Alzheimer dell'Irccs di via Pilastroni, ricorda come «in campo terapeutico, dopo un decennio abbondante dominato dai fallimenti (vaccinazione- estrogeni ed anfi-infiammatori, solo per citare alcuni esempi)anche piccoli avanzamenti e piccole scoperte di segno positivo nella cura dell'Alzheimer fanno molto rumore. E contribuiscono ad aprire scenari di speranza per cure più efficaci».
Ma sottolinea: «La ricerca è tuttora in una fase sperimentale, ma questi dati appaiono interessanti e promettenti e aprono la strada a nuovi studi sugli effetti terapeutico-riabilitativi della stimolazione magnetica transcranica nei pazienti con malattia di Alzheimer. Se questi dati, ottenuti in un piccolo campione pazienti, saranno replicati su gruppi più ampi, la stimolazione transcranica potrebbe essere proposta accanto ai farmaci disponibili a tutte le persone con malattia di Alzheimer».
La terapia innovativa oggetto della ricerca, più che sul deficit della memoria (sintomo cardinale della malattia di Alzheimer) agisce migliorando l'uso del linguaggio. Sebbene sia meno noto come sintomo, la difficoltà a comprendere frasi appartiene alle fasi iniziali della malattia (come le dimenticanze).
«La stimolazione magnetica transcranica sembra in grado di migliorare la capacità di comprensione e ciò potrebbe avere ricadute positive sulla vita di tutti i giorni, anche perché l'effetto perdura a lungo dopo il termine delle applicazioni», conclude Zanetti.
L'Alzheimer è la forma più comune di demenza senile, uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali che implica serie difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività quotidiane e colpisce circa il 5% delle persone oltre i 65 anni di età.
La malattia compromette la memoria e le funzioni cognitive, ma può causare anche altri problemi, fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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