A Brescia isolata una variante del virus molto indebolito

La scoperta nel laboratorio universitario del Civile diretto da Arnaldo Caruso, presidente dei Virologi italiani
Un’immagine al microscopio del sars-CoV-2
Un’immagine al microscopio del sars-CoV-2
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Il virus non è diventato più buono. Ci sono alcuni elementi, tuttavia, che evidenziano quanto esso sia meno virulento, ovvero che si sia ridotta la sua capacità di trasmissione e di contagio. Merito dei sacrifici che tutti abbiamo fatto in mesi di isolamento sociale e che dovremmo continuare a fare nei mesi a venire? Oppure della sua mutazione da «bestia aggressiva» che ha seminato morte e dolore a «corpuscolo estremamente meno potente di Sars-Cov-2».

Arnaldo Caruso, ordinario di Microbiologia all’Università degli Studi di Brescia e presidente della Società italiana di Virologia, è certo che sia merito di entrambi. A questi due fattori, si deve aggiungere il caldo «perché, come per tutti i virus respiratori, l’infezione è legata anche alla stagionalità e con l’arrivo dell’estate questi virus tendono a scomparire per motivi che ancora non si conoscono bene, per poi ricomparire in autunno».

C’è di più. Caruso, insieme ai ricercatori del Laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili, di cui è direttore, ha isolato una variante «estremamente meno potente di Sars-Cov-2». Intanto, nel laboratorio dall’inizio della pandemia sono stati isolati, studiati e processati migliaia di ceppi virali. «Quelli che abbiamo visto in questi mesi - spiega Caruso - e che abbiamo isolato e sequenziato, sono bombe biologiche in grado di sterminare le cellule bersaglio in due, tre giorni. La variante, invece, di giorni ne impiega sei, esattamente il doppio. La ricerca. Il lavoro verrà pubblicato su una rivista scientifica. Perché parlarne ora? Caruso: «Per lanciare un messaggio di speranza, anche in vista di una recrudescenza del Sars-Cov-2 in autunno, quando forse verremo contagiati da varianti virali più attenuate».

In attesa che la notizia venga pubblicata nelle sedi proprie, ovvero le riviste scientifiche, ci si ferma all’osservazione di quanto sta accadendo. Diffusione. Intanto, dall’inizio della Fase 2 lo scorso 4 maggio, sono trascorsi già tre periodi d’incubazione e i numeri ci dicono che non ci sono state tre recrudescenze, malgrado molti comportamenti non esattamente rispettosi del distanziamento sociale e dell’uso delle mascherine. «Ogni giorno vediamo tamponi naso-faringei debolmente positivi. Prova molecolare di infezioni molto leggere, quasi invisibili, con la presenza del virus in dosi molto ridotte - spiega Caruso -. L’elemento di novità è che, mentre nelle ultime settimane abbiamo analizzato solo tamponi con bassa carica virale, all’improvviso ne abbiamo ricevuto uno con una carica molto alta. Indagando, abbiamo scoperto che era il tampone di una persona asintomatica. Abbiamo allora isolato il virus scoprendo che in coltura era molto più debole dei precedenti. In sostanza, mettendo a contatto in vitro con cellule sane da aggredire, non riusciva nemmeno ad ucciderle tutte. Anzi, prima di iniziare ad attaccarle sono trascorsi sei giorni, il doppio di quanto accadeva con il Sars-Cov-2 che avevamo studiato in precedenza».

L’osservazione ha comprensibilmente suscitato ottimismo nell’équipe di Caruso. Che, tuttavia, invita alla prudenza. «Non sappiamo ancora se, e in che misura, circoli questa variante e nemmeno se sia geneticamente diversa dalle altre. Non possiamo, tuttavia, affermare che non si sia di fronte ad un cambiamento. «L’informazione che abbiamo ottenuto può essere la base di una futura mutazione di un virus in una variante meno aggressiva aggiunge il presidente della Società scientifica -. Questo non significa, in un periodo in cui la diffusione del Sars-Cov-2 è rallentata e ci sono meno casi gravi di malati di Covid-19 negli ospedali, che il merito sia dovuto alla circolazione della variante che abbiamo isolato a Brescia».

Dunque, prudenza perché, come afferma Mike Ryan, capo programma emergenze sanitarie dell’Oms, «il Sars-Cov-2 è un virus che può schizzare in alto in qualsiasi momento». Non ne siamo fuori. «Non è escluso infatti - conclude Caruso - che le nuove varianti indebolite possano ricombinare geneticamente tornando ancora più aggressivi alla prossima ondata epidemica. La speranza, che deriva anche dall’esperienza, è che il virus tenda ad attenuarsi nella sua patogenecità come è accaduto nel passato. In gergo questo processo si chiama "fitness virale": il virus vincente è quello che si adatta e si replica risparmiando la cellula che lo ospita. Ovvero, quelle delle persone contagiate».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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