Sala Libretti

Metodo Rondine, gli studenti: «Conoscere gli altri per vivere in pace e non fare la guerra»

Il progetto è stato accolto a braccia aperte dagli alunni della scuola Bottega: «Tanto meglio se ci sono più culture»
Gli studenti della scuola Bottega durante l'incontro sul Metodo Rondine al GdB
Gli studenti della scuola Bottega durante l'incontro sul Metodo Rondine al GdB
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«Meglio conoscere gli altri e vivere in pace che odiarsi e fare la guerra». È un assioma tanto semplice quanto perfetto quello espresso da una studentessa del primo anno alla scuola Bottega di Brescia: la babele di culture che già oggi animano gli istituti scolastici italiani (e anche bresciani) non può che significare arricchimento, stimolo, conoscenza.

Colori della pelle, abiti tradizionali, usanze e storie familiari tipiche dei loro Paesi d’origine – spesso in conflitto tra loro – si mischiano tra i banchi e diventano qualcosa di nuovo, uno slancio per la società sana del futuro. La pace passa dalla conoscenza, dell’Altro e del mondo. Ecco perché la condivisione è molti passi avanti rispetto alla tolleranza. Lo sanno bene gli studenti presenti ieri in Sala Libretti, che hanno accolto a braccia aperte il progetto della sezione Rondine.

Accoglienza

«Capire gli altri è più difficile se frequentiamo solo persone della nostra stessa nazionalità», riflette un’altra ragazza, italiana con alle spalle una famiglia originaria del Pakistan. «Per me se ci sono diverse culture in una classe tanto meglio, l’esperienza di vita sarà più intensa. Meglio stare insieme e capirsi».

Un laboratorio di pace nelle scuole di frontiere per superare i conflitti, perlopiù in un momento storico nel quale la narrazione della guerra accompagna la vita quotidiana di milioni di adulti e ragazzi, anche a migliaia di chilometri di distanza da dove quelle guerre si stanno drammaticamente consumando.

Occhi luminosi

Tra i portatori sani del mix di culture alla Scuola Bottega c’è anche Marco Simonini, alunno italo-polacco che vive sul lago d’Iseo. «Io rappresento due culture, quella italiana da parte di padre e quella polacca da parte di madre. Avere una visione più complessiva, come nel mio caso, permette di conoscere di più il mondo».

Voci di speranza e occhi luminosi: quello che serve per provare a immaginare un futuro migliore. Di questi tempi ce n’è bisogno.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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