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In Italia c'è oltre mezzo milione di lavoratori digitali

Sette su dieci hanno un’età compresa tra 30 e 49 anni, trequarti gli uomini
Sono diverse le attività ormai svolte online - © www.giornaledibrescia.it
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Sono oltre 570mila le persone in Italia che lavorano su una piattaforma digitale: il dato emerge dall’indagine dell’Inapp «Lavoro virtuale nel mondo reale», che chiarisce come i rider per la consegna dei pasti siano poco più di un terzo del totale (il 36,2%) e i fattorini che consegnano i pacchi il 14%.

Il resto dei platform workers svolgono vari lavori on line che vanno dalle traduzioni ai programmi informatici e quindi non necessariamente «location based».

Sette su dieci hanno un’età compresa tra 30 e 49 anni, con i giovani tra 18 e 29 anni concentrati soprattutto nella categoria dei lavoratori occasionali. Per quasi la metà dei lavoratori su piattaforma (circa il 48%, ovvero 274mila persone) questo lavoro costituisce però la propria attività principale e per l’80,3% degli intervistati si tratta di una fonte di sostegno importante o addirittura essenziale.

Lo studio, che arriva a pochi giorni dalla presentazione della proposta di direttiva della Commissione europea per il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle piattaforme, secondo l’Inapp, «sfata i miti della sharing economy» sottolineando che «le piattaforme digitali richiamano sempre più forme di lavoro rigidamente controllate (nei tempi e nei modi), pagate spesso a cottimo (50,4% dei casi) e il cui guadagno risulta fondamentale per chi lo esercita». Oltre il 31% delle persone coinvolte non ha un contratto scritto e solo l’11% ha un contratto di lavoro dipendente

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«L’adozione della direttiva può rappresentare un importante punto di riferimento sovranazionale per regolamentare e tutelare il lavoro», afferma Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp, garantendo alcuni diritti fondamentali «finora negati» tra cui salario minimo, orario di lavoro, sicurezza e salute sul lavoro, forme di assicurazione e protezione sociale. Sono invece lavoratori di tutti i tipi quelli che le aziende si propongono di assumere sulla scia della ripresa in questo inizio di 2022.

Secondo l’ultima indagine di Unioncamere e Anpal, le imprese hanno programmato poco meno di 458mila contratti di lavoro a gennaio, cifra che salirà a circa 1,2 milioni nel trimestre gennaio-marzo con un incremento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, rispettivamente di 112mila su gennaio 2021 e +265mila in confronto al trimestre gennaio-marzo 2021. Positivo anche il confronto rispetto a dicembre 2021, con 104mila contratti in più (+29,4%), per tutti i settori economici tranne che per il turismo dove pesano le crescenti incertezze legate all’andamento dell’epidemia. Le figure più difficili da reperire sono tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (68,1%), ma anche attrezzisti, operai e artigiani.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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