Il taxi volante di Hyundai e Uber presentato al Ces

Una macchina volante? Da anni che s’insegue il progetto con alterne fortune. Certo, delle quattro ruote che hanno preso il volo ci sono pure state, ma si è dovuto attendere qualche decennio affinché la tecnologia mutuata dai droni e l’avvento di batterie utili allo scopo fosse pronta per la macchina volante, meglio per il taxi volante.
E in effetti iniziano ad esserci alcuni esempi maturi all’entrata in servizio: Hyundai ha esposto un prototipo in scala reale al Consumer Electronics Show di Las Vegas. Ed è stato battezzato S-A1. Parliamo di un velivolo elettrico a decollo e atterraggio verticali che andrà a formare la flotta di taxi aerei di Uber. Il primo volo è previsto già per quest’anno, l’avvio del servizio sarà nel 2023.
I primi servizi commerciali saranno a Dallas e Los Angeles . Poi sarà la volta di New York, da Lower Manhattan all’aeroporto internazionale John F. Kennedy .
Il Personal Air Vehicle di Hyundai e Uber dispone di due rotori in coda e dieci sulle ali, disposti ai due lati di una cabina dalla forma di uovo. Tutti i rotori sono ad inclinazione variabile per permettere il volo verticale in decollo e atterraggio, in sostanza come un elicottero, ma permettendo un volo in orizzontale sfruttando il sostegno dell’aria sul modello del convertiplano, come un aereo, meno dispendioso energicamente.
La tecnica. Il velivolo è in grado di trasportare cinque passeggeri più il pilota a una velocità di crociera di 290 km/h e un’altitudine di circa 300–600 metri. Basteranno 5-7 minuti per la ricarica ad alta potenza, il tempo minimo per garantire un’autonomia di circa 100 chilometri. Secondo il disegno dei progettisti il velivolo decollerà e atterrerà da un hub costruito ad hoc dal quale i passeggeri potranno proseguire il loro viaggio su veicoli ecologici a guida autonoma, ma in questo secondo caso ci sono oggettive difficoltà tecniche e legali che frenano – anche giustamente – molti Paesi a recepire questa innovazione nei rispettivi Codici della Strada.
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