Finanziamenti agili e fiducia dei mercati con la bussola green
Il rispetto degli standard Esg (acronimo per governance ambientale, sociale e aziendale) influenza in modo determinante le decisioni di finanziatori, fornitori e istituti di credito che oggi - prima di erogare fondi e servizi - valutano l’impegno delle imprese nella gestione degli aspetti ambientali nonchè in quelli di welfare aziendale.
Non solo: i consumatori preferiscono proprio queste aziende e i millenials le prediligono per lavorarci. E così, dalle multinazionali alle piccole e medie imprese, l’intero mondo dell’impresa è chiamato a coniugare gli obiettivi di profitto con l’implementazione di best pratice in grado d’impattare positivamente sulla società: in una parola sostenibilità, non solo ambientale ma anche sociale.
Può sembrare paradossale in un mondo in cui, solo per fare un esempio, i combustibili fossili costano meno delle rinnovabili eppure «un’azienda sostenibile ha prospettive più competitive e per questo le banche chiedono di sapere qual è il posizionamento Esg dei richiedenti finanziamento». Tradotto: maggiore è la risposta a questi standard, più agile sarà la concessione del credito.
A certificarlo è Valeria Anfossi di Intesa Sanpaolo, ospite dell’evento «Finanza sostenibile: quanto conta la sostenibilità nelle decisioni di investitori e finanziatori?» che conclude il ciclo promosso dall’Osservatorio per il Territorio (OpTer) e dall’Alta scuola per l’ambiente dell’Università Cattolica del Sacro cuore di Brescia.
La svolta
Se Intesa San Paolo già dal 2015 offre finanziamenti Esg Linked o finalizzati a favorire la circular economy delle piccole e medie imprese, «la svolta più generale è stata determinata dalle presa di coscienza di come i rischi ambientali e sociali - come calamità naturali, guerre, scioperi, epidemie o cambiamento climatico - impattino concretamente sulla resa degli investimenti finanziari», spiega Milena Prisco, responsabile Esg dello Studio Pavia e Ansaldo, attiva nei dipartimenti mergers & acquisitions e compliance.
Dall’emergenza sanitaria ai rincari energetici seguiti alla guerra in Ucraina: il risvolto pratico è che oggi soci e investitori, consumatori di beni al dettaglio o grandi stakeholder, prima di indirizzare capitali o valutare l’acquisto di prodotti osservano il tasso di wellbeing dei dipendenti, quanta CO2 produce un’azienda, quanti rottami recupera, l’uso sostenibile delle risorse o il rispetto degli ecosistemi.
Nella «black list» dei fondi di investimento figurano quindi realtà gravitanti attorno all’industria delle armi, della pornografia, del tabacco e dell’alcool, settori che stridono infatti coi principi perseguiti delle Nazioni Unite. Oltre ad essi cala l’appeal di comparti quali l’oil&gas e la moda, rispettivamente al primo e secondo posto nella classifica mondiale tra i più impattanti per il pianeta.
Sopravvivenza
Attualmente la maturità Esg (Environmental, social, and corporate governance) delle aziende e la relativa lettura finanziaria del rischio minimizzato sono rilevati in base al raggiungimento dei parametri dell’Unione europea, dell’Ocse e al possesso di certificazioni Iso rilasciate ad imprese che decidono di intraprendere il processo su base volontaria, ma «la svolta nel breve periodo sarà una legge a cui tutti dovranno sottostare» fa sapere l’avvocato Prisco.
Ma oltre all’interesse di azionisti o potenziali tali per il dividendo di fine anno, il livello di sostenibilità di un’azienda è ancor più cruciale. Sarà infatti questo, anzi lo è già, il parametro che permetterà alle imprese non solo di prosperare ma di sopravvivere, in un contesto economico globale sempre più veloce e competitivo.
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