Figure professionali condivise per le Pmi 4.0
È un 4.0 incompleto, sufficiente per ottenere gli incentivi, ma non per trasformarsi e vincere sul mercato. «È una situazione che riguarda molti dei contesti industriali italiani - commenta Giancarlo Turati, presidente di InnexHUB, digital innovation hub di Brescia, Cremona e Mantova -, di certo un passo avanti rispetto al passato, ma non sufficiente a garantire quell’evoluzione utile a essere leader».
«Facendo un esempio pratico - continua Turati - fino a qualche anno fa in un’azienda del settore manifatturiero il solo comparto digitalizzato era quello amministrativo. Poi c’era il reparto produttivo, in cui le macchine funzionavano per conto proprio. Con gli incentivi del 4.0 si è creata una connessione tra le due aree, le macchine della fabbrica dialogano con i computer degli uffici, ma l’interconnessione termina qui».
«Qualcosa che vada oltre il semplice trasferimento di informazioni, elementi in grado di creare ulteriore sviluppo, per esempio la manutenzione predittiva o il controllo di gestione. Non si tratta solo di aumentare la produttività o ridurre i costi, ma anche di efficientare il consumo energetico, impattando meno sull’ambiente».
Nella pratica i dati ci sono, ma mancano l’analisi e le conseguenti strategie associate. Azioni non alla portata di tutti: «Si tratta - spiega Turati - di competenze dei data scientist, figure richieste, rare e quindi costose, soprattutto per le pmi. Una possibile soluzione sarebbe creare una rete di imprese che condividono le spese per un determinato professionista, mantenendo però totale autonomia nella governance».
«Quello che manca in un tessuto imprenditoriale come il nostro - sottolinea il presidente di InnexHub - è la presenza di operai specializzati nel digitale. Gli ingegneri formati in questo ambito di solito vanno poi a lavorare per le grandi aziende. Per questo l'idea che sta maturando da qualche anno riguarda un Its specifico per la digitalizzazione».
Ipotesi ancora embrionale ma portata avanti con convinzione dall’associazione, che nel frattempo ha dato vita alla C&D community, una cordata di 33 imprese impegnate attivamente nel cyber-digitale. Tra i temi più caldi ci sarà l’etica digitale, questione emersa anche in rapporto al Meta Verso annunciato dal fondatore di Facebook (ora Meta) Mark Zuckerberg: «La realtà virtuale - osserva il direttore di InnexHub Marco Libretti - ha senza dubbio diverse potenzialità per il business, ma anche tanti rischi. Diversi marchi di lusso stanno già creando i loro prodotti in versione meta, per immetterli nel mercato di questa nuova "second life".
Ma il pericolo è un eccessivo scollamento tra le abitudini di consumo virtuali e le effettive possibilità reali. Se sarà o meno un fallimento dipenderà dalla reazione delle grandi aziende e degli influencers, certo è che il distanziamento sociale si è rivelata terreno fertile...».
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