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Contro il cybercrime le persone sono la prima difesa utile

Turati (Fasternet): «Bene policy e tecnologie ma guai a trascurare i comportamenti umani»
Da sinistra Legnani, Ghisleni, Tonolli, Turati e Maffei - © www.giornaledibrescia.it
Da sinistra Legnani, Ghisleni, Tonolli, Turati e Maffei - © www.giornaledibrescia.it
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Mai come ora la sicurezza dei dati rappresenta un aspetto fondamentale nel business aziendale. Il trend dei cyber attacchi ha conosciuto infatti un’accelerazione negli ultimi anni, favorita dalla pandemia e dal massiccio utilizzo delle tecnologie di comunicazione digitale. A livello globale gli attacchi sono aumentati del 10% nel corso del 2021, con un impatto sulle strutture informatiche molto alto nel 79% dei casi, contro il 50% del 2020. E il gauadagno illecito si conferma esserne la motivazione principale (86% del totale).

In Italia dal 2018 al 2021 il numero di attacchi gravi è cresciuto del 32%: nel corso dell’anno scorso sono stati individuati 2049 casi, con una media di 171 episodi mensili (il valore più alto mai registrato). E gli atti criminosi diventano sempre più sofisticati, con una propensione a fare rete con la criminalità organizzata.

Ma l’anello debole non è dato solo dalle falle nei sistemi informatici: ciò che i criminali sfruttano a loro vantaggio è la vulnerabilità del fattore umano, ossia la carenza di consapevolezza del rischio. Da qui la necessità di intervenire su questo aspetto, ovvero di lavorare direttamente sulle persone.

È quanto sta facendo Fasternet, azienda specializzata in trasformazione digitale, information technology e sicurezza informatica, con il programma Cyber security awerness, di cui s’è parlato in sala Libretti con l’ad Giancarlo Turati, Simone Canali (system engineer) e Anna Medeghini, (marketing e comunicazione). «Il problema - osserva Turati (è anche presidente di InnexHub) -, ha tre aspetti fondamentali: i comportamenti, elemento fino a poco tempo fa trascurato; le regole e i dispositivi.

Bisogna mettere in campo non solo strumenti e policy opportuni, ma anche portare l’attenzione sul livello di consapevolezza, per aumentare la difesa del sistema informatico e assicurare una continuità operatività all’azienda stessa».

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Il sistema Fasternet, spiega Medeghini, «è basato su un training continuo che poggia su quattro punti»: attività di assessment (valutazione e identificazione dei rischi mediante questionari) e simulazione di campagne fraudolente (ad esempio con l’invio di una mail «malevola»), quindi educate (formazione), measure (misurazione, con report riepilogativi) e reinforce, il rafforzamento complessivo del sistema, che costituisce l’obiettivo finale. Un’applicazione concreta è la case history della Banca di Cividale, che è stata portata da Simona Gandolfo, (gestione e sviluppo del personale): «Avevamo già investito in cybersecurity ma con Fasternet il coinvolgimento del personale è stato diretto».

Quali attacchi? Il 91% degli attacchi informatici utilizza come punto di ingresso le mail, sfruttando il social engineering, insieme di tecniche per manipolare la psicologia umana e indurre l’utente a fornire informazioni e dati riservati.

Tra le tipologie di inganno architettate, il phishing (truffa progettata per rubare dati come credenziali, numero della carta di credito etc); lo spear phishing, che si concentra su uno specifico target, individuo od organizzazione; il vishing, truffa che utilizza come strumento di veicolazione il telefono e lo smishing, che agisce tramite gli sms; il whaling, che si distingue per la scelta del target d’alto livello. «La sicurezza assoluta non esiste» ammette Simone Canali. Tuttavia molto si può fare per proteggersi, a partire proprio dai comportamenti elementari, come investigare tutti i campi dei messaggi e non rivelare mai informazioni sensibili, specie quando si nutre anche il minimo dubbio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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