Brescia e l’economia circolare: se è un valore bisogna gridarlo
Sì, probabilmente siamo un caso di eccellenza in quella che oggi viene chiamata economia circolare, che è una vicenda molto contigua a tutto l’universo green e a quella che viene chiamata economia della sostenibilità. Non sto lì a fare troppe distinzioni, però siamo in quell’ambito lì: Brescia è una storia eccellente in questo campo, siamo un esempio, siamo un benchmark, ovvero un esempio da copiare. Non che manchino buchi neri, intendiamoci, sull’aria (per restare ad un tema ambientale) è meglio andare a respirarla da qualche altra parte. Ma su molte altre cose siamo un riferimento.
La ricerca di Fondazione Symbola ed Unioncamere, ad esempio, è solo l’ultima che in qualche modo certifica quanto detto e Brescia fa da traino alla Lombardia che, in questa singolare classifica di chi più investe nell’economia circolare, si porta quasi ai vertici. Intendiamoci: le classifiche andrebbero, e lo faremo, sviscerate un po’ di più. Ma per ora accontentiamoci. Del resto un po’ l’abbiamo sempre saputo di essere riciclatori, ma fino a qualche anno fa, l’idea di assegnare ad una acciaieria la positiva qualifica di «riciclatore», assegnandogli quindi il bollino verde del buon agire era, diciamo così, un po’ temeraria: un po’ perchè le sensibilità eran quelle che erano e un altro po’ perchè - diciamocela tutta - quel che si guadagnava per l’ambiente recuperando rottami nel forno poi ce lo fumavano, e perdonate l’infantile gioco di parole, dal camino.
Adesso,va detto, il quadro è cambiato. Sul fronte delle sensibilità generali, sul fronte delle imprese, e anche, o forse soprattutto, sul fronte della gente in senso lato. Quando sentite dire che "l’azienda del futuro dovrà essere sostenibile o non sarà" si deve sapere che è qualcosa più di uno slogan. Le aziende, per la gran parte, lo sottoscrivono (anche se, va detto, ancora relativamente poche son conseguenti), ma questo per dire che economia circolare non è più una eccentricità, qualcosa come potevano essere i figli dei fiori anni Sessanta che predicavano la difesa dell’ambiente.
Brescia, dunque, gran riciclona. Le ferriere, ma ci aggiungerei tutta la metallurgia (alluminio e ottone in primis: recupero degli scarti e nuova fusione e così all’infinito). E poi la lezione dell’acqua calda dell’ex Asm con il teleriscaldamento bruciando rifiuti e producendo acqua calda; citerei l’operazione-pilota di Feralpi a Calvisano con l’allevamento di storioni riscaldato (fatta decenni fa); citerei la grande esperienza nella gestione di centrali idroelettriche e i maxi impianti per il riciclo delle plastiche. E molto altro.
Tutta questa cosa qua, queste esperienze, questa montagna di investimenti, questi nuovi mercati individuati e conquistati, ecco tutta questa cosa qua potrebbe diventare un asset aggiuntivo non più solo per le aziende singole che nei diversi settori lavorano ma per l’intero sistema economico ed industriale della provincia? Per mezzo secolo siam stati la provincia dei "rotamer" possiamo immaginare di diventare la provincia... Lascio i puntini, si accettano suggerimenti. Potremmo essere la provincia dei riciclatori, ma capisco che sul piano del marketing la cosa non è granchè. Ma questo è il punto: siamo bravi a fare alcune cose, ma continuiamo ad essere asini nel far sapere quel che di buono sappiamo fare. Ed è un peccato. Servirebbe un grande progetto di marketing territoriale. A qualcuno verrà l’orticaria, ma è un po’ così. Brescia ha bisogno di avere una sua più specifica connotazione sui mercati del mondo in grado di lustrare gli orgogli nostrani ma soprattutto di indirizzare progetti e risorse. «Vaste program», verrebbe da dire. Concordo.
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