Scuola

Lo studio che scagiona la scuola: «Non incide sui contagi»

Dal rapporto emerge che il rischio contagio è ridotto della metà nei ragazzi rispetto agli adulti, anche con la variante inglese del Covid
Manifestazioni contro la Dad
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Non c'è una correlazione significativa tra contagi e scuola in presenza. È quanto emerge da uno studio pubblicato dal Corriere della Sera online e condotto da una squadra di epidemiologi, medici, biologici e statistici che incrocia le cifre della Protezione Civile, del ministero e delle Aziende sanitarie.

Dal rapporto emerge che il rischio contagio è ridotto della metà nei ragazzi rispetto agli adulti anche con la variante inglese. «Questa mastodontica ricerca, numeri alla mano, scagiona la scuola rispetto all'impennata di contagi di ottobre e novembre e conferma quanto abbiamo sostenuto per mesi: la scuola non è a rischio zero ma resta uno dei luoghi più sicuri. Anche rispetto alla variante inglese», commenta l'ex ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, la quale si augura «che almeno dopo Pasqua non ci siano dubbi sulla riapertura delle scuole. Se pensiamo alle conseguenze anche psicologiche che stanno pagando studenti e studentesse, la ricerca citata in questo articolo ci conferma una cosa: chiudere è più rischioso che aprire».

Dallo studio emerge che l'impennata dell'epidemia che c'è stata tra ottobre e novembre non può essere imputata all'apertura delle scuole: il tasso di positività dei ragazzi rispetto al numero di tamponi eseguito è inferiore all'1%. Inoltre la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sugli indici Kd e Rt.

E il ruolo degli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale: i giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese, emerge dalla ricerca pubblicata sul Corsera online. E dunque i focolai da Sars-Cov 2 in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante.

Quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori, lo stesso rischio che si assume in qualunque ufficio.

Nel dettaglio, analizzando i tassi di contagio della popolazione per fasce d'età a partire dai mesi autunnali, l'incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale. A fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell'1% dei tamponi sono risultati positivi.

Infine, alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: i contagi salgono per le classi di età 20-59 anni e solo dopo due o tre settimane tra gli adolescenti. Lo studio analizza dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile coprendo un campione pari al 97% delle scuole: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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