Da Vinci 4.0

«La Dad? Mancano le relazioni, ma la tecnologia ci unisce»

Mauro Zoli, preside dell’Itis Primo Levi di Sarezzo e Lumezzane, spiega perché l'istituto ha aderito al progetto Da Vinci 4.0
Mauro Zoli, dirigente scolastico dell'Itis Primo Levi di Sarezzo e Lumezzane - © www.giornaledibrescia.it
Mauro Zoli, dirigente scolastico dell'Itis Primo Levi di Sarezzo e Lumezzane - © www.giornaledibrescia.it
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La prima reazione dinanzi ad una crisi, soprattutto se grave come quella innescata su più fronti dalla pandemia di Covid-19, è lo scoramento. Con il passare del tempo e la necessaria capacità di reagire si può però vedere che, dietro a grandi difficoltà, possono celarsi anche opportunità inaspettate. Il mondo della scuola non fa in questo senso eccezione, anzi, si presta come avanguardia del cambiamento.

A confermarlo è Mauro Zoli, dirigente scolastico del Primo Levi di Sarezzo e Lumezzane, istituto che in totale nelle due sedi conta circa 1.100 studenti e che è tra le scuole superiori che hanno scelto di prendere parte al progetto Da Vinci 4.0 organizzato dal nostro quotidiano in collaborazione con The FabLab e Talent Garden e che ha l’obiettivo di portare l’innovazione tecnologica tra gli studenti. L’iniziativa, lo ricordiamo, ha registrato l’adesione di 10 team di giovani aspiranti progettisti digitali, provenienti da sei istituti della nostra provincia.

Professor Zoli, la prima domanda può sembrare scontata ma è inevitabile: qual è stato l’impatto della didattica a distanza nella scuola che lei dirige?
Da quando ormai più di un anno fa la Dad si è imposta come necessità ci sono stati grandi cambiamenti. Inizialmente, pur essendo noi facilitati dal precedente utilizzo di strumenti di didattica virtuale, qualche piccolo problema c’è stato, ma le cose si sono poi risolte rapidamente. Ora posso dire che gli standard qualitativi di questa modalità di fare scuola sono elevati, grazie all’impegno di studenti e professori.

Ha accennato a dei problemi. Quali sono stati e quali sono quelli attuali?
Innanzitutto i primi ostacoli sono stati meramente materiali e infrastrutturali. Alcuni ragazzi non disponevano delle apparecchiature necessarie per poter seguire le lezioni online e per questo siamo intervenuti per dotarli di pc e tablet. Invece, una criticità che purtroppo ancora si sconta - e che è dettata dalla conformazione geografica del luogo in cui i nostri studenti abitano, la Valtrompia - è in alcuni casi la mancanza di una linea internet abbastanza veloce. In quelle situazioni, i giovani ricorrono ai contratti telefonici privati, anch’essi però non sempre performanti. C’è poi un problema di ben altra natura e che sta ora emergendo più che in passato: gli studenti sono affaticati.

Che cosa intende con affaticati?
Durante il primo lockdown tutti eravamo compatti nell’affrontare la situazione e quindi certe mancanze pesavano di meno. Col protrarsi della pandemia però la carenza di relazioni umane, soprattutto tra i ragazzi all’interno di una classe, sta facendo sentire il suo peso. In alcuni alunni poi l’incapacità di autoregolamentarsi con gli orari e gli obblighi della didattica a distanza è un ostacolo non indifferente.

Come si diceva in apertura però, oltre la crisi, ci sono tante opportunità che si aprono.
Assolutamente sì e comincio dicendo che se questa crisi ci avesse colpito dieci anni fa probabilmente si sarebbe perso un anno di scuola. Ciò non è avvenuto grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, che hanno ovviato all’impossibilità di frequentare in presenza. Inoltre credo che queste permetteranno a tutta la scuola italiana di fare un grande salto in avanti. La possibilità di avere sempre a disposizione i materiali mostrati dai docenti durante le lezioni, poiché caricati sulla piattaforma online, è per esempio un vantaggio enorme.

Come si immagina perciò la scuola del post pandemia?
Le relazioni personali, tra ragazzi e con i docenti, che si creano all’interno di una classe fisica sono e saranno la base su cui costruire qualsiasi percorso formativo. Detto ciò, le nuove tecnologie si affiancheranno alla scuola in presenza, implementando e potenziando la didattica tradizionale. Immagino perciò una sorta di scuola 2.0.

In questo contesto s’inserisce perciò la vostra scelta di partecipare al progetto Da Vinci 4.0.
Esattamente. Da Vinci 4.0, al quale prende parte una nostra classe terza, grazie all’hackathon (la sfida finale di progettazione) mette i ragazzi di fronte alla necessità di risolvere dei problemi, studiando e realizzando una soluzione concreta che sia frutto unicamente del loro lavoro. Posso dire che i ragazzi iscritti all’iniziativa del Giornale di Brescia sono già all’opera con grande entusiasmo e già registrano le prime soddisfazioni. Lo stesso vale per i docenti coinvolti. Ora, dopo aver seguito le lezioni sul sito www.davinciquattropuntozero.it, saranno presto alle prese con la ricerca dell’idea da candidare per il progetto conclusivo.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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