Vivere e lavorare dove un giorno dura 45 minuti
È una casa, anche se davvero speciale. La Stazione spaziale internazionale (Iss) è una bolla. Un microcosmo nello spazio. Un concentrato di tecnologia dall’aspetto davvero inospitale, dove gli astronauti vivono e lavorano per mesi, spinti dall’entusiasmo e dal desiderio di compiere nuovi preziosi passi avanti nella conoscenza scientifica dello spazio, oltre che del nostro mondo.
È un guscio sottile fuori dal quale non c'è ossigeno e le temperature sono proibitive (variano dalle diverse centinaia di gradi centigradi, quando l’Iss è riscaldata dal Sole, a centinaia di gradi sotto lo zero quando è in eclissi). In più la condizione di ridotta gravità rende diverse e complesse anche le più semplici attività quotidiane.
Eppure da quando il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin - primo uomo a viaggiare nello spazio - percorse un’intera orbita attorno alla Terra, se ne è fatta di strada. E ora la vita all’esterno dell’atmosfera terrestre può dirsi (quasi) confortevole. O almeno così si deduce dai messaggi che Samantha Cristoforetti, prima donna italiana partita alla volta della stazione internazionale il 23 novembre scorso, posta con regolarità sul blog Avamposto 42 (http://avamposto42.esa.int).
La vita in orbita non è scandita da un ritmo tra giorno e notte articolato su 24 ore, come avviene sulla Terra.
Sull’Iss luce e buio si alternano ogni 45 minuti, così per mantenere un ritmo quanto più simile a quello del nostro Pianeta gli astronauti hanno orologi sincronizzati sull’ora di Greenwich.
Si concedono una notte artificiale, con otto ore e mezza di sonno al termine della quale comincia un nuovo giorno scandito da ritmi ferrei (almeno per cinque giorni a settimana): le luci si accendono e, dopo colazione, igiene personale e le comunicazioni da e verso la Terra, si parte con la giornata di lavoro: sei ore e mezza per manutenzione della stazione ed esperimenti, alle quali si aggiungono il pranzo e due ore e mezza di attività fisica, necessaria per contrastare l'indebolimento di ossa e muscoli, messi a dura prova dalle condizioni di microgravità. Segue la cena e il meritato riposo: si può leggere, guardare un film o semplicemente rilassarsi. Prima di un'altra notte di sonno trascorsa nel sacco a pelo appeso alla parete (senza gravità, infatti, non serve un materasso).
Il pasto è un momento importante della giornata spaziale. In condizioni così estreme, nelle quali manca ogni punto di contatto con la propria vita terrestre, il cibo è una sorta di ritorno alle origini. Proprio come le madeleine sono state per Proust, un piatto del quale si va ghiotti diventa fondamentale per tenere alto il morale. Ed è per questo che si presta particolare cura al menu di ogni singolo viaggiatore del cosmo. Il cibo studiato per l’alimentazione di Samantha Cristoforetti, ad esempio, è ricco di frutta e verdura, cereali integrali, pesce azzurro e carne bianca. Gli alimenti devono essere appetitosi, ma al contempo sani, e devono fornire il giusto apporto di calorie. È anche necessario fare i conti con una serie di limitazioni dovuti al particolare ambiente nel quale vengono consumati: vanno conservati a temperatura ambiente molti mesi (sull’Iss non c’è un frigorifero per gli alimenti) e non devono produrre briciole, che potrebbero svolazzare nell’abitacolo.
Si opta quindi per cibi liofilizzati o termostabilizzati, che vengono riscaldati, se necessario, oppure ricostituiti con acqua. Una particolare attenzione deve anche essere riposta nella realizzazione dei contenitori più adatti. Non mancano poi alcuni manicaretti scelti ad hoc per soddisfare i gusti di ogni singolo astronauta, da gustare nelle giornate speciali. Ad esempio, per Luca Parmitano il «pranzo della domenica» poteva comprendere lasagne, parmigiana, risotto al pesto, caponata e tiramisù.
Maria Cristina Ricossa
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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