Sentenza Gozzini, cos'è il delirio di gelosia

ll disturbo delirante è caratterizzato da false credenze. Secondo le perizie Gozzini era travolto da pensieri connessi al tema dell’abbandono
Il campanello di casa della famiglia Gozzini -   Foto © www.giornaledibrescia.it
Il campanello di casa della famiglia Gozzini - Foto © www.giornaledibrescia.it
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La Corte d'assiste di Brescia, presieduta da Roberto Spanò, ieri ha assolto dall'accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione Antonio Gozzini, docente in pensione di 80 anni che un anno fa, in un appartamento nella zona nord di Brescia, uccise la moglie di 63 anni Cristina Maioli, insegnante di scuola superiore. Dopo due ore di Camera di Consiglio i giudici hanno convenuto che l'anziano «ha un totale vizio di mente». Una sentenza che ha sollevato diverse reazioni contrastanti. Per meglio capire la decisione è bene spiegare che cosa si intenda per delirio di gelosia. 

«L’indagato Antonio Gozzini era all’epoca dei fatti, ed è attualmente, affetto da disturbo delirante di gelosia tale da escludere totalmente la capacità di intendere e volere». Per il professor Sergio Monchieri, nominato dall’accusa, «la mente di Gozzini appare sempre travolta da pensieri ed emozioni connesse al tema della solitudine, dell’abbandono, di conseguenza, un estremo bisogno di dipendere in modo un po’ passivo e restare attaccato a qualcuno di significativo da cui aspettarsi accondiscendenza». 

Secondo la definizione tecnica che ne danno i manuali di psichiatria, il disturbo delirante è caratterizzato da false credenze (delusioni) fermamente mantenute nel tempo, senza altri sintomi di psicosi (allucinazioni, comportamenti disorganizzati, sintomi negativi). I deliri che la mente sviluppa non si discostano da situazioni che possono realmente verificarsi, ma che la mente amplifica nelle loro implicazioni persecutorie.  

Antonio Gozzini, a quanto stabilito dai periti e condiviso dai giudici, non era geloso. Cosa ben diversa, era affetto da un delirio di gelosia. Una vera e propria patologia. «C’erano state cose gravi che avevo superato e che sono saltate fuori in quel mese di settembre». Così, in carcere, l’80enne aveva riferito agli psichiatri. «Cene di classe e altro che si traducevano nel finale in un po’ di vita notturna. Io non le ho mai fatte queste cose», ha dichiarato nel secondo colloquio con il professor Monchieri, consulente della Procura. I comportamenti della moglie, definiti «impropri e disdicevoli per una donna sposata», erano finalizzati - riferisce l’anziano - «scontatamente ad un tradimento sessuale che viene di conseguenza».

Ma agli atti non c’è traccia di tradimenti da parte di Cristina Maioli, «che mi ha sempre spontaneamente raccontato delle cene e delle uscite».

«Questi pensieri lo avrebbero gravato - scrive lo psichiatra - con insistenza ossessiva nei giorni antecedenti l’omicidio». Gozzini lo ammette: «Mi sono svegliato con una sensazione di rabbia e delusione, con una forza che mi spingeva a raggiungere l’annullamento di quella persona». I tradimenti, ipotizzati, sarebbero quindi alla base del gesto. «L’agito ha avuto un effetto liberatorio. È brutto dirlo ma l’obiettivo era quello. Era una cosa che doveva essere fatta», è il commento dell’80enne davanti agli specialisti che hanno certificato un delirio di gelosia tale da «escludere totalmente la capacità di intendere e volere». 

A differenza della schizofrenia, il disturbo delirante è abbastanza inconsueto. La sua manifestazione si attesta, generalmente, nella media o tarda età adulta. Il funzionamento psicosociale non risulta compromesso come nella schizofrenia e i danni, di solito, derivano direttamente dalla convinzione delirante.

Una condizione, quella acclarata dai periti di accusa e difesa e confluita in sentenza, che viene peraltro ritenuta tale da rendere socialmente pericoloso il soggetto, confinato proprio per questo in una struttura per l'esecuzione di misure di sicurezza (Rems). E non rimesso tout court in libertà.

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